Glifosato: il diserbante che ti trovi nel piatto, dalla frutta alla verdura

   Sportello Cancro, Elena Tebano, 28/02/2016

SALUTE
Dal cavolfiore ai pompelmi: trovate tracce della sostanza chimica che l’Oms ha definito «probabilmente cancerogena». L’appello di 32 associazioni per bandirla in Italia



Lo hanno trovato in 14 tipi diversi di birre tedesche. E poi nel cavolfiore, nelle lenticchie, nei porri, nei fichi, nei pompelmi, nelle patate, nel frumento e nell’avena. Il glifosato (o glifosate) è il diserbante più usato al mondo. In Italia lo si «cerca» solo in Lombardia, dove la sua presenza viene monitorata nelle acque superficiali.L’appello alla Commissione europea

Supera i limiti — i cosiddetti standard di qualità ambientale — in quasi un terzo dei punti di rilevazione (il 31%). Percentuale che sale a oltre la metà (56,6% del totale), se si considera la molecola prodotta dalla sua disgregazione, il metabolita «Ampa». «D’altronde il glifosato è il componente principale di almeno l’80% degli erbicidi in commercio nel nostro Paese — spiega Beppe Croce, responsabile agricoltura di Legambiente —. Una dato molto preoccupante, visto che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità lo ha definito “probabilmente cancerogeno”». L’autorizzazione per l’uso di questo erbicida nell’Unione Europea è scaduta il 31 dicembre scorso e tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima la Commissione europea dovrà decidere se proporne il rinnovo per altri 15 anni. La proposta sarà votata dalla commissione permanente del Paff (comitato per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi) e secondo indiscrezioni tutti gli Stati membri, ad eccezione della Svezia, sarebbero a favore. In Italia però 32 associazioni dal Fai, al Wwf a Legambiente, a Greenpeace, a Italia Nostra, hanno firmato un appello che chiede di bandirlo totalmente e di «rimuovere il prodotto da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono e di escludere le aziende che ne fanno uso da qualsiasi premio nell’ambito dei Programmi regionali per lo sviluppo rurale (Psr)».

Chi decide

Secondo le associazioni promotrici, infatti, senza un divieto ufficiale i programmi regionali per l’agricoltura considereranno come sostenibile e incentiveranno l’uso di un prodotto potenzialmente cancerogeno per l’uomo e che «studi del Mit del 2013-2014» sospettano di essere alla base anche dell’insorgenza di un disturbo come la celiachia. «Per intendersi, un’altra sostanza definita probabilmente cancerogena è il ddt, che è stato vietato da anni — aggiunge Beppe Croce —. La resistenza europea a bandire il glifosato viene solo dagli enormi interessi economici in gioco». Coloro che difendono l’uso di questo diserbante fanno però riferimento a due pareri ufficiali, entrambi emessi l’anno scorso: quello dell’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (Bfr), secondo il quale il glifosato «non è cancerogeno», e quello dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa, con sede a Parma), che lo ha definito «probabilmente non cancerogeno». Una guerra di pareri: chi sono allora gli esperti più autorevoli? Una risposta l’ha data il settimanale tedesco Die Zeit in una lunga inchiesta appena pubblicata: il giudizio dell’Efsa si è basata sul rapporto del Bfr. Quest’utimo però non è stato stilato dall’istituto ma «dalla “Glyphosate task force”», cioè «un gruppo in cui collaborano i produttori di fitofarmaci o, meglio — , scrive Die Zeit —, le aziende che hanno chiesto di poter vendere il glifosato nei paesi dell’Unione europea».
Focus sul glicosato e gli studi
N-(fosfonometil)glicina: è il nome del glifosato (o «glifosate»): si tratta di una sostanza chimica inventata negli anni Settanta da John Franz per la Monsanto. Sin dal 1974, anno della sua introduzione con il nome di «Roundup», il glifosato venne usato in agricoltura e negli ambienti urbani (per diserbare strade, marciapiedi e ferrovie). È molto diffuso nelle coltivazioni che sono state modificate geneticamente per diventare resistenti all’erbicida, in particolare per la soia. Quest’utima — anche nei Paesi che vietano di coltivare ogm — viene impiegata come mangime per gli animali, che così secondo alcuni potrebbero rischiare di essere contaminati. In Italia il glifosato è arrivato nel 1977. Il glifosato è venduto in tutto il mondo da diverse aziende, non più soltanto dalla Monsanto. Secondo le stime dello Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) la sostanza chimica sarebbe contenuta in almeno 750 prodotti disponibili, e la sua presenza nelle zone agricole è riscontrabile non solo nel suolo, ma anche nell’atmosfera, nell’acqua e nel cibo. Lo Iarc ha condotto un’analisi sul glifosato: tra gli studi considerati ce ne sono tre che confermano la presenza di rischi per l’essere umano. Per questo lo Iarc ha inserito il prodotto tra le sostanze «probabilmente carcinogene». Secondo altri studi il glifosato indurrebbe nelle cellule danni a livello genetico e stress ossidativo.