Tumore al seno, ricerca scopre come "spegnere" i casi di recidiva

   Repubblica.it, Rosario di Raimondo, 13/03/2016

L'equipe del professor Mario Taffurelli (il primo da destra), che ha condotto lo studio
Bologna, un team del policlinico Sant'Orsola individua dove si nascondono le cellule più aggressive che causano il ritorno della malattia. Una possibile svolta per migliaia di donne. Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature


BOLOGNA - Hanno trovato l’interruttore che “spegne” i tumori al seno. Hanno inseguito per dieci anni la corazza dietro alla quale si nascondono le cellule più aggressive, responsabili delle recidive, cioè della nuova insorgenza di metastasi anche molto tempo dopo la guarigione. Un pool di medici dell’ospedale Sant’Orsola dona nuove speranze alle donne vittime dal cancro alla mammella, grazie a uno studio pubblicato nei giorni scorsi dalla rivista scientifica Nature, una bibbia della ricerca scientifica.

Perché la malattia può tornare. Ogni anno in Emilia-Romagna quasi 4mila donne sono colpite dal tumore al seno, un migliaio solo a Bologna (48mila in Italia). Nel 10% dei casi si presentano le recidive, cioè l’insorgenza delle malattie anche parecchi anni dopo la guarigione, quando tutto sembra finito. Nella maggioranza dei casi sono incurabili. "La malattia può tornare per colpa delle cellule staminali tumorali — spiega Mario Taffurelli, direttore della senologia del policlinico — . Infatti, pur essendo una minoranza, si tratta delle cellule più cattive e aggressive del tumore, capaci di sfuggire ai farmaci e ai normali cicli di terapie che le donne fanno durante la cura del cancro al seno". Ciò significa che dal tumore si può guarire, certo, ma queste cellule rischiano di rimanere in agguato, creando problemi anche a distanza di parecchi anni. Con conseguenze devastanti.

"Colpire le corazze". Cosa fare, allora? Nella risposta a questa domanda, ottenuta dopo dieci anni di lavoro da un team di esperti, sta il segreto dello studio pubblicato sull’autorevole rivista Nature, che se confermato può cambiare la vita a migliaia di donne che affrontano questo difficile percorso. "Durante le terapie per la cura di un tumore, le cellule cattive riescono a sopravvivere nascondendosi dietro a delle “corazze” che le proteggono, composte da una sostanza che produce già il nostro organismo. Ecco, noi abbiamo scoperto il ruolo di queste corazze: se usiamo dei farmaci per abbatterle, è la nostra ipotesi, allora le terapie antitumorali colpiranno pure le cellule più aggressive", continua Taffurelli. Dunque "si ridurrebbe il caso di recidive e aumenterebbe il tasso di sopravvivenza dopo un tumore al seno".

Un passo avanti enorme. Adesso, dopo la pubblicazione dello studio, comincia la fase due, quella decisiva dentro gli ospedali. Serve cioè la sperimentazione di una nuova terapia che, oltre a combattere il tumore, abbatta le corazze e uccida le cellule staminali tumorali. "I farmaci per farlo ci sono già, bisogna utilizzarli in quella direzione" dice il protagonista della ricerca. Non l’unico, però. Assieme a Taffurelli, responsabile di uno dei centri di senologia più importanti in Italia, hanno firmato lo studio Massimiliano Bonafè, il gruppo della patologia mammaria coordinato da Donatella Santini, e Pasquale Sansone, ricercatore cresciuto a Bologna che oggi lavora al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, ospedale punto di riferimento negli Usa per il tumore alla mammella.
 
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