Le microcalcificazioni al seno sono indizio di un tumore maligno?

   Sportello Cancro, Paolo Veronesi, 22/04/2016

ONCOLOGIA
La loro forma, la densità, il numero e la distribuzione nella ghiandola mammaria:  sono questi i parametri che permettono al radiologo di trarre indicazioni sulla benignità


Mi sono sottoposta a una mammografia di controllo e mi sono state riscontrate delle microcalcificazioni. Che cosa mi debbo aspettare? Le microcalcificazioni sono sempre sintomo iniziale di un tumore maligno? Si asportano soltanto chirurgicamente?

Risponde Paolo Veronesi, Direttore di Chirurgia senologica all’Istituto europeo di oncologia di Milano.

La diffusione degli screening mammografici, utilissimi per la prevenzione, comporta un sempre più frequente riscontro di microcalcificazioni, che possono avere significato patologico o meno. I sali di calcio, con il passare degli anni, si possono depositare in tutto il nostro organismo, nel tessuto mammario tendono a comparire dove sono presenti processi di necrosi cellulare: le cellule morte infatti tendono a calcificare. Fenomeni di necrosi si possono avere a seguito di traumi, interventi chirurgici o infiammazioni, tutti eventi assolutamente innocui.

Forma, densità e numero determinano la loro natura
Ma tra le cause rientra anche la patologia legata alla proliferazione di cellule - nei suoi diversi gradi di evoluzione - all’interno dei dotti galattofori: patologia che va dall’iperplasia duttale, più o meno atipica, alle neoplasie intraduttali fino ai carcinomi duttali infiltranti veri e propri. Ovviamente le microcalcificazioni hanno caratteristiche morfologiche diverse a seconda della loro origine, per cui devono essere valutate con particolare attenzione la loro forma, la densità, il numero e la distribuzione nella ghiandola mammaria: sono questi i parametri che permettono al radiologo e al senologo di trarre indicazioni sulla benignità o meno. Destano meno preoccupazione, ad esempio, le microcalcificazioni tondeggianti e sparse, mentre sono sospette quelle con forma irregolare (“a limatura di ferro”). Importante inoltre è valutare la loro evoluzione nel tempo, confrontando le mammografie con quelle degli anni precedenti. Se le microcalcificazioni hanno caratteristiche di benignità certa si prosegue con i normali controlli mammografici annuali, se presentano elementi di dubbio occorre procedere alla definizione istologica. Oggi questo è possibile attraverso un semplice prelievo mininvasivo con una sonda che, guidata in «stereotassi» dalla mammografia, consente di asportare il tessuto con le microcalcificazioni, in tutto o in parte, a seconda della loro estensione. Dopo aver fatto la radiografia dei frammenti di tessuto asportati, questi vengono sottoposti a esame istologico. Se l’esito è di benignità, si prosegue con i controlli mammografici periodici.

Nel caso di tumore
Se viene riscontrata una patologia oncologica, si deve predisporre l’intervento chirurgico, che sarà conservativo nella maggior parte dei casi (la cosiddetta “quadrantectomia”). Nei casi in cui le microcalcificazioni sono molto estese, si deve però ricorrere all’asportazione totale della ghiandola mammaria, accompagnata dalla ricostruzione immediata. Il riscontro di queste lesioni con la mammografia, prima che si manifestino clinicamente, è importantissimo perché la loro asportazione in fase iniziale, molto spesso ancora non invasiva, impedisce lo sviluppo di una patologia più seria e pericolosa. Questo deve spingere le donne a effettuare regolarmente controlli mammografici, anche al di là di quanto previsto dagli screening offerti dal Sistema sanitario. La mammografia può essere poi completata, a seconda dei casi, anche dall’ecografia che però non è in grado di identificare piccole microcalcificazioni, visibili unicamente con la mammografia. L’ecografia, d’altra parte, è in grado di rilevare piccole formazioni nodulari che possono essere invisibili alla mammografia. Per questo i due esami sono complementari.

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