La doppia strategia d’attacco degli antitumorali biologici

   HealthDesk, 05/05/2016

LA RICERCA
Alcuni anticorpi monoclonali combattono la malattia in due mosse: non solo conducono alla morte le cellule tumorali, ma le rendono visibili al sistema immunitario provocando una sua risposta. Lo hanno scoperto i ricercatori dello Ieo con uno studio finanziato dal Ministero della Salute e dall’Airc



Combattere il tumore in due mosse. È quanto fanno alcuni anticorpi monoclonali, come il cetuximab, capaci di bloccare l’interazione tra le cellule tumorali e i fattori di crescita: non solo conducono alla morte le cellule tumorali, ma fanno in modo che le cellule uccise vengano “viste” dal sistema immunitario in modo tale da stimolare una risposta specifica contro il tumore che consente di eliminare anche le cellule tumorali ancora viventi.

Questa seconda strategia di attacco degli anticorpi monoclonali che funziona come un evidenziatore passato sulle cellule tumorali morte era finora sconosciuta. A scoprirla sono stati i ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo), con uno studio finanziato dal Ministero della Salute e dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), pubblicato su Nature Medicine.

«Si sa da tempo che anticorpi che bloccano l’interazione tra una cellula tumorale e un fattore di crescita e che sono normalmente usati nella pratica clinica, come il cetuximab, portano alla morte della cellula tumorale – spiega Maria Rescigno, direttore del programma di Immunoterapia dello Ieo e professore all’Università statale di Milano, oltre che coordinatrice dello studio - Tuttavia non si sapeva che alcuni anticorpi inducono nelle cellule tumorali una morte che le rende “visibili” al sistema immunitario. Questo tipo di morte, che viene chiamata immunogenica, permette alle cellule del sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali e di iniziare una risposta specifica antitumorale che consente di eliminare anche quelle che non sono morte».

Il piano degli anticorpi monoclonali però non funziona sempre. Alcune mutazioni genetiche impediscono il processo della “morte immunogenica”. Per fortuna però si possono conoscere in anticipo le presone che hanno questa caratteristica e che non rispondono alla terapia. Lo studio chiarisce infatti perché alcuni pazienti con il carcinoma del colon-retto non ricevono vantaggi dal cetuximab.

«Questi risultati – conclude Rescigno – permettono di identificare i pazienti in cui gli anticorpi hanno maggiori probabilità di successo e di formulare nuove combinazioni terapeutiche per migliorare l’efficacia del farmaco».


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