Meno recidive di tumore al seno se la terapia ormonale dura dieci anni (invece di cinque)

   Sportello Cancro, Adriana Bazzi, 06/06/2016

CONGRESSO DEGLI ONCOLOGI AMERICANI
I farmaci che inibiscono gli estrogeni non solo riducono le ricadute, ma hanno anche un effetto preventivo sulla comparsa di una neoplasia nell’altra mammella.

CHICAGO - La notizia interessa milioni di donne che,nel mondo, hanno avuto un tumore al seno. Arriva da Chicago dove è in corso l’Asco, il congresso annuale della Società americana di oncologia medica. Eccola in sintesi: se una donna, in post-menopausa, con una malattia diagnosticata nella sua fase iniziale, continua la terapia con farmaci anti-estrogeni per dieci anni, invece che per i cinque normalmente raccomandati, riduce il rischio di recidiva.Non solo: riduce anche le probabilità che si sviluppi un secondo tumore nell’altra mammella.

Recettori ormonali
Lo studio è stato condotto dal Canadian Cancer Trial Group, è stato appena pubblicato online sul New England Journal of Medicine ed è stato presentato in una sessione plenaria del congresso (dove si discutono le ricerche più importanti che possono poi avere un impatto sulla clinica e sulla vita del paziente). «Le donne con un tumore al seno in fase iniziale e positivo per i recettori ormonali (sono recettori sensibili all’azione degli estrogeni che ne condizionano l’insorgenza e l’evoluzione, ndr) che assumono letrozolo, un farmaco anti-estrogeni cosiddetto inibitore delle aromatasi - ha spiegato Paul Goss, oncologo al Massachusetts General Hospital di Boston e professore alla Harvard Medical School - hanno una riduzione del rischio di sviluppare recidive del 34 per cento e una minore incidenza annuale di cancro nell’altra mammella». Sono risultati interessanti che faranno discutere i clinici. La maggior parte dei tumori al seno ha i recettori per gli estrogeni, il che significa che se anche il tumore viene asportato chirurgicamente, le pazienti corrono un rischio di ricadute che permane nel tempo. «E non si può dire a una donna – commenta Lisa Carey dell’Universityof North Carolina – che ha subito l’intervento: ok, sei a posto». Ecco perché si ricorre alla somministrazione di farmaci (tamoxifene in passato e ora letrozolo di cui esiste anche la versione generica, cioè senza il marchio dell’azienda farmaceutica) allo scopo di ridurre le recidive.

Osteoporosi e fratture
Ora il nuovo studio (condotto sul 1900 donne in Canada e negli Stati Uniti) dimostra che, continuando la terapia fino a dieci anni, si hanno benefici aggiuntivi. Rimangono, però, da valutare bene gli effetti collaterali a lungo termine. Le donne che assumevano letrozolo erano più a rischio di osteoporosi e di fratture. Ecco che vanno messi sul piatto della bilancia il rischio di recidive del tumore e, dall’altra parte, il rischio di fratture. In ogni caso nei due gruppi (letrozolo e placebo) non sono state segnalate differenze per quanto riguarda la qualità della vita. La decisione ora spetta ai clinici, con il consenso informato delle pazienti.

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