Ecco gli occhiali 3D per vedere dentro il tumore (e operarlo)

   Sportello Cancro, Elena Meli, 06/07/2016

CONGRESSO A MILANO
La fusione di immagini e la realtà aumentata nel futuro dell'oncologia interventistica, per operazioni sempre più precise ed efficaci anche in pazienti e patologie «difficili»


Il chirurgo che “brucia” il tumore con microonde senza mettere mano al bisturi, sotto la guida di una semplice ecografia accoppiata a una PET, che indica con accuratezza millimetrica dove sono le cellule maligne. Gli ultrasuoni usati come arma per distruggere un cancro difficilmente raggiungibile in sala operatoria, per interventi senza neppure una cicatrice. Oppure gli occhiali per la realtà aumentata, per vedere in tre dimensioni l'interno del paziente e muoversi nel tumore eliminandolo con una precisione senza pari. Non è fantascienza, ma ciò che accade in clinica già oggi o che troveremo in ospedale nel giro di pochi, pochissimi anni: i passi da gigante della tecnologia stanno rivoluzionando la cura dei tumori e delle novità più importanti si parla in questi giorni a Milano, durante l'Interventional Oncology Sans Frontières Congress che accoglie anche il primo meeting mondiale su fusion imaging e realtà aumentata in procedure interventistiche.

Gli occhiali per vedere dentro il tumore
L'oncologia interventistica infatti non è più soltanto una promessa: arrivata in clinica da poco più di dieci anni, oggi consente di operare tumori senza mettere mano al bisturi, “cuocendo” le cellule maligne grazie al calore delle onde elettromagnetiche con risultati simili alla chirurgia, ma senza cicatrici e con costi più bassi e ricoveri ridotti al minimo. L'Italia ha scommesso fin dall'inizio su questo settore ed è uno dei Paesi più all'avanguardia. Non a caso il più importante convegno internazionale sull'argomento si tiene proprio a Milano: il focus è sulle nuove tecnologie, perché i progressi tecnici stanno offrendo opportunità impensate fino a pochi anni fa che sembrano prese di peso da film di fantascienza. Un esempio sono gli occhiali in 3D per la realtà aumentata Endosight, frutto della ricerca della start-up italiana Raw. «Si tratta di occhiali che attraverso una opportuna sensorizzazione possono letteralmente vedere all'interno del paziente, consentendo al chirurgo di muoversi nelle strutture senza uso di altre metodiche e in tempo reale - spiega Luigi Solbiati, docente di radiologia all'Humanitas di Milano e organizzatore del congresso assieme a Franco Orsi dello IEO e S. Nahun Goldberg dell'Hadassah Hebrew University di Gerusalemme -. Questa tecnologia può avere un impatto positivo sui pazienti, perché migliora sicurezza e precisione degli interventi rendendoli anche più semplici, ma pure sul training dei medici: indossando gli occhiali tutte le persone attorno al paziente possono vedere esattamente ciò che vede il chirurgo, come se fossero loro stessi a operare. Inoltre l'occhiale consente di simulare l'intervento oltre che realizzarlo al meglio, senza contare la riduzione dell'esposizione a radiazioni per gli operatori».

La fusione di immagini
Gli occhiali arriveranno fra due o tre anni in clinica, dove invece ha già fatto passi da gigante il cosiddetto “fusion imaging”: in pratica, la fusione in un'unica immagine dei dati presi da tecniche di indagine anche molto diverse fra loro come ecografia e PET. «L'imaging oggi è sempre più preciso ma una cosa è individuare un bersaglio con la PET, ben altro è riuscire a usarla come guida per una procedura bioptica: sono poche le strutture che possono permettersi le costosissime strumentazioni necessarie - dice Solbiati -. Il problema può essere “aggirato” con il fusion imaging: i dati della PET vengono associati a quelli di una semplice ecografia, per esempio, e l'intervento viene quindi eseguito in una sala ecografica ma riuscendo a raggiungere il punto da trattare con la precisione data dalla PET. Con gli occhiali per la realtà aumentata tutto questo sarà ancora più semplice perché basterà indossarli per “entrare” nell'immagine prodotta dalla fusione di diverse tecniche diagnostiche». Accanto alle avveniristiche novità tecnologiche, al congresso saranno presentati anche i risultati dell'oncologia interventistica già ottenuti sul campo: «Le microonde, per esempio, oggi possono essere impiegate per terapie ablative non solo in organi come il fegato ma anche dove finora pareva impossibile, come nel collo - racconta Solbiati -. Si discuteranno anche i dati ottenuti con gli ultrasuoni focalizzati su tumori difficili da operare come quelli pancreatici e i progressi della radioterapia intraoperatoria, che oggi si inizia a usare anche in situazioni complesse come le metastasi ossee: anziché cicli di radioterapia classica, si potrà fare una sola seduta molto mirata, durante l'intervento, con buoni risultati. Va sottolineato che non possiamo curare con l'interventistica tutti i pazienti o tutti i tipi di tumore, ma i progressi degli ultimi anni ci fanno ben sperare e ora abbiamo senza dubbio molte armi in più contro la malattia».