Fecondazione assistita e tumore al seno: nuove rassicurazioni

   Salute seno, Tiziana Moriconi, 20/07/2016

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Uno studio del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, condotto su circa 20 mila donne ricorse alla stimolazione ovarica tra il 1980 e il 1995, non ha evidenziato un aumento del rischio



Da un studio olandese pubblicato sull'importante rivista Jama arrivano nuove rassicurazioni sulle tecniche di fecondazione in vitro (Ivf), che non sembrano aumentare il rischio di tumore al seno. La ricerca si basa su un lungo periodo di osservazione, di 21 anni in media, e ha considerato donne che si erano sottoposte alla Ivf tra il 1980 e il 1995 in tutte le 12 cliniche della fertilità dei Paesi Bassi.

Il ragionevole sospetto. Il dubbio nasce dal fatto che tanto gli estrogeni e il progesterone prodotti dal corpo quanto quelli che arrivano dall'esterno influenzano il rischio di tumore al seno. L'Ivf prevede la stimolazione ovarica, in cui si alterano i livelli di questi ormoni e, di conseguenza, potrebbe in teoria aumentare le probabilità di ammalarsi di questa malattia. Proprio per questo, prima di cominciare un trattamento si consiglia alle donne sopra i 33-35 anni di sottoporsi a una ecografia mammaria e/o a una mammografia. Visto l'ampio ricorso alla fecondazione in vitro degli ultimi anni, su questo argomento sono stati condotti numerosi studi, basati, però, su periodi di osservazione limitati.

Il punto di forza di questo nuovo studio sta proprio nel più lungo follow up. Alexandra W. van den Belt-Dusebout, ricercatrice del Netherlands Cancer Institute (Amsterdam), ha infatti considerato oltre 19 mila donne che avevano cominciato l'Ivf con stimolazione ormonale tra il 1983 e il 1995, più altre quasi sei mila donne che erano ricorse ad altri trattamenti per la fertilità (non Ivf) tra il 1980 e il 1995. L'età media alla fine del periodo considerato era di 54 anni nel primo caso e di 55 nel secondo. La ricercatrice ha poi usato i dati del Netherlands Cancer Registry (1989-2013) per calcolare l'incidenza del tumore al seno invasivo e in situ nelle donne dei due gruppi.

I dati. Tra tutte le 25.108 donne considerate si sono verificati 839 casi di tumore al seno invasivo e 109 casi di tumore al seno in situ: una incidenza in linea con quella della popolazione generale, senza significative differenze tra il gruppo sottoposto a Ivf e l'altro. L'incidenza (cumulativa) del tumore al seno a 55 anni è stata, infatti, del 3 per cento per le prime e del 2,9 per cento per le seconde.

Il rischio – riportano gli autori della ricerca – non differisce in base al tipo di farmaci utilizzati o al tipo di diagnosi, e non risulta aumentato a oltre 20 anni dal trattamento: “Questi risultati sono coerenti con l'assenza di un aumento significativo delle probabilità di ammalarsi delle donne trattate con le tecniche della fecondazione in vitro”.

I limiti dell'indagine. Avvisano, però, i ricercatori, che i tipi di stimolazione ormonale usati per l'Ivf sono cambiati negli anni, quindi i risultati di questa ricerca non possono valere anche per le donne che hanno cominciato i trattamenti dopo il 1994. Un limite dello studio, poi, è che molte delle 25 mila donne incluse non sono ancora entrate in menopausa, quando il rischio di tumore al seno aumenta sensibilmente.


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