Tracciata una prima mappa del cancro (e delle possibili cure)

   Sportello Cancro, Roberta Villa, 19/07/2016

PROGETTO INTERNAZIONALE
Un ricercatore italiano è stato protagonista di un imponente lavoro di analisi su una trentina di diversi tipi di tumore provenienti da 11mila pazienti e mille linee cellulari su cui sono stati testati centinaia di farmaci vecchi e nuovi. Con interessanti sorprese



Studiare le mutazioni genetiche di un tumore e trovare il farmaco più adatto per quel singolo paziente. L’obiettivo è chiaro. Tuttavia, sebbene da tanti anni si parli di cure personalizzate contro il cancro, in pratica questo approccio sembra far fatica a prendere piede. Un balzo in avanti in questa direzione potrebbe ora venire dal lavoro di un giovane ricercatore italiano, Francesco Iorio, un bioinformatico di stanza a Cambridge, presso l’Istituto Europeo di Bioinformatica (EMBL – EBI) e il Wellcome Trust Sanger Institute. Iorio è infatti il primo autore di uno studio internazionale, pubblicato sull’importante rivista Cell, che si potrebbe leggere come una mappa del cancro e delle sue possibili cure, la più estesa che finora sia mai stata compilata.

Le colture cellulari sono un modello limitato ma affidabile
«Anche sulla base delle mappature condotte da altri gruppi prima di noi, abbiamo cercato le mutazioni caratteristiche delle cellule malate in 11mila campioni di tessuto provenienti da altrettanti pazienti con 29 diversi tipi di cancro» racconta Iorio, che, con il suo background informatico, rappresenta una delle nuove professionalità divenute indispensabili nei laboratori di biologia molecolare. Un’impresa faraonica come questa, infatti, è resa possibile solo dalla capacità di elaborazione dati delle nuove tecnologie. Il passo successivo è stato verificare che le stesse mutazioni si ritrovassero anche su oltre un migliaio di linee cellulari usate normalmente per studiare ogni specifico tumore in laboratorio. «Abbiamo dimostrato che le alterazioni genetiche più ricorrenti nei pazienti sono presenti nelle colture cellulari e sono osservabili in vitro con una frequenza simile a quella osservata nei pazienti» aggiunge Iorio. Un riscontro importante, questo, in controtendenza rispetto a diverse segnalazioni che negli ultimi tempi hanno fatto sospettare dell’attendibilità di queste colture cellulari come modello per lo studio della malattia. «Ovviamente questa concordanza varia a seconda del tipo di cancro e soprattutto dall’ampiezza del corrispondente numero di modelli in vitro disponibili. C’è anche una serie di aberrazioni genomiche che sono molto meno frequenti nei pazienti e che non si ritrovano nelle linee cellulari. In altre parole, le colture di laboratorio riproducono in modo parziale, ma fedele, le caratteristiche genetiche dei tumori nei pazienti, per cui possono essere usate per identificare marcatori e studiare la migliore risposta al trattamento farmacologico» spiega il ricercatore trasferito a Cambridge. Resta ovviamente la necessità di generare nuovi modelli che colgano le alterazioni genetiche meno frequenti, ma il fatto che lo studio si basi sui dati provenienti dalla caratterizzazione di 11mila pazienti consente di identificare quelle più rilevanti dal punto di vista clinico, focalizzarsi su quelle, nelle linee cellulari, e correlarle con il modo in cui le linee cellulari rispondono a un farmaco. «Così facendo, non rischiamo di farci distrarre da mutazioni non rilevanti che le linee cellulari (particolarmente quelle di vecchia data) potrebbero aver acquisito per adattarsi alla loro “vita in laboratorio”».

Cercare l’ago nel pagliaio dei farmaci
Una volta accertato che le mutazioni più rilevanti nei pazienti corrispondono effettivamente a quelle delle cellule usate in laboratorio, si è passati alla fase che in futuro potrà avere maggiore impatto sulla cura: testare su queste colture 265 diversi farmaci, già in uso o in una fase avanzata da sviluppo, per verificare la loro capacità di uccidere o frenare la crescita dei diversi tipi di cellule tumorali, in relazioni alle loro specifiche mutazioni. «Si è così potuto vedere, per fare un esempio, che un farmaco efficace su una certa quota di pazienti con cancro alla vescica funziona solo nelle colture cellulari che presentano una determinata mutazione. Dopo ulteriori e necessarie validazioni sperimentali, questo marcatore potrebbe quindi essere utilizzato in futuro per selezionare i malati da sottoporre alla cura, risparmiando da eventuali effetti collaterali quelli che difficilmente ne trarranno beneficio - prosegue il ricercatore -. In altri casi, l’analisi dettagliata delle mutazioni legata ai diversi tipi di tumore, ha permesso di mettere in luce nuovi potenziali bersagli, su cui lavorare per mettere a punto strategie terapeutiche innovative».
Uno spirito di collaborazione
Il lavoro è stato pubblicato con il criterio dell’“open access”, è cioè liberamente e gratuitamente disponibile a tutti, come è stato recentemente proposto che debba essere entro il 2020 tutta la ricerca condotta in Europa grazie a finanziamenti pubblici. Ma in questo caso si va anche oltre: i ricercatori mettono a disposizione della comunità scientifica in tempo reale tutti i loro risultati e i dati generati attraverso un unico portale web, aggiornato a mano a mano che si raccolgono informazioni nuove.

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