La Toscana estende lo screening mammografico di 10 anni

   Salute seno, Tiziana Moriconi, 08/09/2016

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Lo stesso hanno già fatto l'Emilia Romagna, il Piemonte e, in parte, l'Umbria. Mentre altre regioni faticano ad offrire anche lo screening di base previsto dai Lea


La Regione Toscana amplia la fascia di età per lo screening mammografico, il servizio per la prevenzione del tumore al seno gratuito: non più solo alle donne tra i 50 e 69 anni, come previsto nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) per tutto il territorio nazionale, ma anche alle donne tra i 45 e i 49 e tra i 70 e i 74. L'estensione è quindi di 10 anni: cinque prima e cinque dopo la fascia di età per cui lo screening mammografico è già attivo.

La Toscana è la quarta regione a prendere questo provvedimento, dopo Emilia Romagna, Piemonte e Umbria (quest'ultima ha esteso però lo screening solo per le donne tra 70 e 74 anni e non per quelle tra 45 e 49).

La delibera regionale è stata presentata lo scorso 7 settembre dall'assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi. Il sito Regioni.it spiega come funzionerà lo screening. A partire da quest'anno, le donne di 45 anni riceveranno un invito annuale a presentarsi in una struttura specializzata per lo screening (fino ai 49 anni: dai 50 anni l'invito resta a cadenza biennale); le donne tra i 46 e i 49 anni verranno fatte rientrare nel programma, ma dopo essersi presentate spontaneamente con impegnativa del medico di famiglia. Le donne tra i 70 e i 74 anni che hanno partecipato ad almeno uno dei due inviti precedenti prima del compimento del 70° anno saranno invitate con cadenza biennale.

“C'è una crescente consapevolezza dell'importanza e dei vantaggi che derivano dall'estensione dello screening alla fascia di età dai 45 anni ai 75”, commenta Gianni Saguatti, presidente del Gruppo italiano screening mammografico (Gisma). “Questo è un traguardo che abbiamo davanti, per il quale occorrerà un tempo adeguato. Soprattutto, tale ampliamento dovrà essere preceduto da una adozione piena e capillare sull'intero territorio nazionale dello screening nelle fasce già consuete, tra 50 e 69 anni: in questo senso, alcune Regioni infatti ancora stentano, ad onta della appartenenza degli screening oncologici di popolazione all'elenco dei Livelli essenziali di Assistenza”.

Alcune regioni, però, stanno provando a cambiare le cose. La Calabria, per esempio: “Le donne non partecipano allo screening nazionale, ma poi si presentano spontaneamente a fare la mammografia ogni anno”, spiega Mariuccia Renne, chirurga senologa dell'Ospedale Universitario Mater Domini di Germaneto e responsabile regionale dell'Anisc (Associazione Nazionale Italiana Senologi Chirurghi): “Un paradosso solo apparente, poiché molte donne hanno chiaro il concetto di prevenzione e lo applicano spontaneamente. Ma il progetto di screening nazionale ha sicuramente molto di buono, e bisognerà valorizzarlo anche nei suoi contenuti economici. Ne discuteremo il prossimo 15 ottobre al convegno pubblico organizzato da Europa Donna Italia insieme alla Società italiana di radiologia medica. Va detto che in Calabria i radiologi senologi - radiologi, cioè, che facciano almeno 2500 mammografie all'anno - sono pochi, mentre ci sono molti mammografi. Inoltre, non essendoci ancora i Centri di senologia (Breast Unit, ndr.), anche i radiologi interventisti sono pochi, sebbene negli ultimi anni dall’Università Magna Graecia siano usciti molti giovani validi. Il punto, però, è che devono essere messi nelle giuste condizioni. Una struttura per lo screening senologico che si rispetti deve avere al suo interno quattro radiologi che eseguano 10 mila mammagrafie annue, poi deve essere collegata con centri di II livello dotati di attrezzature per le micro biopsie, ecografi di nuova generazione e senologie chirurgiche con le quali dialogare. La politica ha l’ingrato compito di scegliere avendo risorse esigue, non è semplice decidere se assumere due nuovi medici per lo screening o acquistare un mammografo di nuova generazione ad alta risoluzione che riduce il tasso di richiami, come ha fatto il Trentino. Però è necessario uscire dalla continua emergenza, e che siano fatti dei programmi a lungo termine con professionisti seri che possano nel tempo rispondere dei risultati delle scelte sostenute. E sono necessari interlocutori istituzionali che rispondano del perché a un anno dalla entrata in vigore della legge sulle Breast Unit, in Calabria ne parlano solo le donne operate al seno di Ardos, con l’aiuto di Europa Donna Italia".


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