Cancro e fertilità, le novità per le pazienti

   Salute seno, Tiziana Moriconi,

NOTIZIE
"Procreazione medicalmente assistita. La soddisfazione del desiderio di genitorialità, anche per i pazienti oncologici". E' il titolo dell'incontro che si è tenuto lo scorso 15 novembre, al Senato. Ecco cosa è emerso



Solo pochi anni fa, le donne giovani che si ammalavano di tumore e che uscivano dalla malattia avevano poche speranze di diventare genitori, a causa, soprattutto, delle cure che in molti casi portano all'infertilità. Ma molto è cambiato e sta cambiando, anche culturalmente: c'è molta più consapevolezza tra le pazienti, nella classe medica e a livello istituzionale. È uno dei messaggi emersi dal convegno “Procreazione medicalmente assistita. La soddisfazione del desiderio di genitorialità, anche per i pazienti oncologici”, che si è svolto lo scorso 15 novembre in Senato.

FARMACI GRATUITI PER LE PAZIENTI. “Mi sono ammalata 24 anni fa di tumore al seno. All'epoca avere il sogno di una futura genitorialità era impensabile”, racconta l'avvocato Elisabetta Iannelli, Segretario nazionale della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), che ha aperto il workshop: “Da allora sono stati fatti molti passi avanti. L'ultimo, importantissimo per le giovani che si ammalano, è la possibilità di accedere gratuitamente ai farmaci per la preservazione della fertilità femminile. Mi riferisco in particolare gli analoghi LH-RH, che agiscono mettendo a riposo le ovaie, proteggendole così dalla tossicità della chemioterapia”. La determina dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) 1073/2016 (in G.U. serie generale n.201 del 29/8/2016) ha infatti modificato la nota 74 ampliandone l'indicazione alle 'donne di età non superiore ai 45 anni affette da patologie neoplastiche che debbano sottoporsi a terapie oncologiche in grado di causare sterilità transitoria o permanente'. “Come Favo e Aimac abbiamo lavorato molto per ottenere questo risultato, di cui siamo particolarmente orgogliosi – continua Iannelli – perché anche solo la speranza di poter diventare madri dopo una diagnosi oncologica è di per sé speranza di vita”.

LA MAPPA DEI CENTRI DI ONCOFERTILITA'. Un altro passo avanti importante è il censimento dei poli di oncofertilità: i centri di Procreazione medicalmente assistita italiani che, in collaborazione con le unità oncologiche, prevedono percorsi dedicati alla preservazione della fertilità per le giovani pazienti. Giulia Scaravelli, responsabile del Registro nazionale della Pma, Cneps Istituto Superiore di Sanità, è la persona che si sta occupando di creare una mappa di questi centri, insieme all'Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici (Aimac): “È importante sottolineare che si tratta solo di una fotografia, non esaustiva, per prendere atto di quello che oggi esiste in Italia. Queste prime 14 strutture che abbiamo censito fra i centri di PMA non sono state istituite dal Ministero della salute, né sono in qualche modo certificate. Quello che possiamo dire con certezza è che hanno tutte un servizio dedicato alla preservazione della fertilità delle pazienti oncologiche con un couselling adeguato ed un team multidisciplinare, nel quale oncologi, medici della riproduzione, psicologi ed oncoematologi lavorano insieme per dare cure, informazioni e supporto alle donne. Sono tutte strutture pubbliche o private convenzionate, tranne una in Sicilia, che è privata. La mappa sarà presto sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità e le informazioni verranno aggiornate periodicamente. Finora, per sensibilizzare i medici sulla necessità di istituire percorsi ad hoc abbiamo organizzato dei corsi a Roma ed in diverse regioni italiane che speriamo di poter replicare in tutto il territorio nazionale”.

IL DOCUMENTO PER I DECISORI POLITICI. Ancora, un recente cambio di passo è stato segnato dall'incontro di tre società scientifiche: “L'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), la Società italiana di endocrinologia e quella di Ginecologia e Ostetricia hanno messo a punto un documento di sole tre pagine destinato ai decisori politici e alle istituzioni, per garantire ai pazienti dei percorsi sicuri e facilmente accessibili”, ha sottolineato Enrico Vizza, direttore della Ginecologia oncologica dll'Irccs Regina Elena di Roma.

L'INDAGINE LIFE. Anche l'opinione pubblica appare molto favorevole alle tecniche di fecondazione in vitro: otto italiani su dieci sono per il ricorso alla Pma in caso di malattia e 5,6 per ragioni sociali. A rivelarlo sono i dati dell'indagine europea “LIFE - Listening in: IVF and Fertility in Europe”, condotta dalll'azienda farmaceutica Teva e presentata durante il convegno. La ricerca ha coinvolto circa seimila persone ed è stata svolta in Italia, Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito.

Oggi si può preservare la fertilità in diversi modi, tra cui la crioconservazione degli ovociti e successivamente con le tecniche di fecondazione in vitro (Fivet e Icsi). Secondo l'indagine, questa procedura è vista in modo positivo soprattutto per ragioni mediche (84% degli intervistati totali, il 78% di quelli italiani), ma anche per ragioni sociali (60% e 57% rispettivamente).

I NUOVI LEA. Sempre secondo l'indagine, la stragrande maggioranza degli intervistati (oltre il 93%) ritiene che le tecniche dovrebbero essere sovvenzionate con fondi pubblici. Nel nostro paese, i nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), aggiornati dopo circa 15 anni, comprendono la fecondazione in vitro sia omologa (con spermatozoi e ovociti della coppia) sia eterologa (con spermatozoi o ovociti di una persona donatrice esterna alla coppia): un segnale che dimostra come oggi l'infertilità sia finalmente riconosciuta a tutti gli effetti una patologia.

leggi articolo originale