Quando il tumore fa perdere (oltre alla salute) i soldi e il lavoro

   Sportello Cancro, Vera Martinella, 19/01/2017

INDAGINE
In Italia un paziente oncologico su tre, oltre un milione di persone, affronta il cancro in età lavorativa. Il reddito cala soprattutto per spese extra (specie per cure varie, viaggi, babysitter) e assenze in ufficio, dal part-time alla perdita vera e propria dell’impiego


Come se non bastassero i pensieri legati alla malattia, si aggiungono anche le preoccupazioni economiche e i problemi sul lavoro. Sono sempre di più i pazienti oncologici che finiscono per contrarre debiti in conseguenza del tumore, sia nei Paesi che non prevedono una copertura delle cure da parte dello Stato sia in quelli (come l’Italia) dove esiste un sistema sanitario nazionale che si fa carico delle terapie. A fare i conti delle spese legate al cancro è uno studio presentato al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo) tenutosi recentemente a Singapore. «I malati di cancro sono persone a rischio povertà - ha detto Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione italiana delle Associazioni Volontariato in Oncologia (Favo), durante un incontro dedicato al tema svoltosi nelle scorse settimane alla Camera dei Deputati -. Nonostante il nostro Servizio Sanitario Nazionale universalistico, la malattia genera un aumento dei costi sociali diretti e indiretti e una diminuzione dei redditi: la cosiddetta tossicità finanziaria del cancro. Un'indagine Favo-Censis ha rivelato che il 78 per cento dei malati oncologici, infatti, ha subito un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi: il 36,8 per cento ha dovuto fare assenze, il 20,5 è stato costretto a lasciare l’impiego e il 10,2 si è dimesso o ha cessato l’attività (in caso di lavoratore autonomo)».

Spese anche per viaggi in ospedale e accudimento figli
Durante il convegno Esmo asiatico, gli esiti di un’indagine condotta da ricercatori dell’Università della Malesia su oltre 1.600 uomini con un tumore hanno messo in evidenza che oltre la metà dei sopravvissuti al cancro ha speso almeno un terzo degli introiti annuali in terapie (anche se nel Paese esiste una copertura statale parziale: molti farmaci non vengono passati gratuitamente e gran parte delle persone meno abbienti non dispone di un’assicurazione), trasferimenti in ospedale e accudimento dei figli, indispensabili se un genitore è malato e l’altro lavora e deve prestare assistenza al coniuge. Uno studio australiano ha poi approfondito il rapporto tra cancro e universo lavorativo: circa tre quarti degli intervistati, per una ricerca dell’Università di Sydney, hanno dichiarato una riduzione del reddito dopo la diagnosi di tumore e altrettanti sono andati incontro alla riduzione delle ore di lavoro o sono stati costretti ad abbandonare l’impiego.

Un malato di cancro su tre è in età lavorativa
In Italia nel 2015 un paziente oncologico su tre, pari a un milione di persone, ha affrontato il cancro in età lavorativa. Questi cittadini, oltre all’impatto della diagnosi che segna uno spartiacque nella vita, sono spesso costretti a subire l’esclusione dal mondo del lavoro. Un’indagine condotta dalla Favo e dal Censis nel 2012 ha stimato che nel nostro Paese 274mila persone sono state licenziate, costrette alle dimissioni, oppure a cessare la propria attività o comunque hanno perso il lavoro a seguito delle conseguenze della diagnosi di tumore. «Il numero delle persone con una diagnosi di tumore continua a crescere: oltre 3 milioni di italiani nel 2015 erano vivi dopo la malattia - ha spiegato Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo -. E il cancro non è una patologia che colpisce solo chi è avanti con l'età. Nel 2015 oltre 300 dei mille nuovi casi di tumore al giorno in Italia sono stati diagnosticati a lavoratori. Le stime contano 130mila nuovi casi tra 15-64 anni, pari a un terzo di tutte le nuove diagnosi, di cui oltre 70mila sono donne in età attiva. L'inclusione lavorativa dei malati oncologici è pertanto un investimento sociale ed economicamente produttivo, un valore anche in termini di professionalità che va tutelato».

Conciliare malattia, terapie e professione è possibile
«Le persone malate vogliono continuare a lavorare ed essere parte attiva della società - ha aggiunto De Lorenzo - e il lavoro aiuta anche ad affrontare meglio la malattia e le cure antitumorali, è cruciale garantire e implementare strumenti e azioni che assicurino ai lavoratori malati di conciliare i tempi di cura con quelli di lavoro ed è per queste ragioni che la Favo è da sempre impegnata in azioni di lobbying e advocacy a tutela dei diritti dei lavoratori malati di cancro e di quelli che assistono un familiare malato». «In questi anni stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione data dai risultati ottenuti dalla ricerca medica e scientifica in oncologia e da ultimo dai progressi della medicina di precisione, che sempre più consentirà di guarire dal cancro o quantomeno di cronicizzare la malattia consentendo ai malati, quindi, il ritorno a una vita normale - ha sottolineato Paolo Marchetti, responsabile dell’Oncologia all’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma - con una buona qualità di vita, grazie anche alla riduzione degli effetti collaterali delle terapie. Le istituzioni devono tenere il passo dei progressi scientifici e adeguare gli strumenti di inclusione socio lavorativa necessari affinché chi ha affrontato il tumore possa continuare a essere un cittadino come gli altri».


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