Soia e tumore al seno, spiegato il paradosso

   Salute seno, Marta Impedivo, 06/02/2017

Sembra essere una questione di tempistica: l'effetto sarebbe protettivo per chi non ha avuto il tumore al seno, mentre peggiorerebbe la prognosi se il consumo dell'alimento comincia solo dopo la diagnosi. Ma altri studi sono necessari

Soia e tumore al seno, spiegato il paradosso
La soia è uno degli alimenti che gli oncologi sconsigliano alle donne con tumore al seno in terapia anti-tumorale. Allo stesso tempo però, in Asia, dove la dieta è ricca di questo vegetale, le donne si ammalano di tumore al seno cinque volte meno che in occidente. È il “paradosso della genisteina”, come è stato definito da Leena Hilakivi-Clarke, docente di Oncologia del Georgetown Lombardi Comprehensive Cancer Center, che ha pubblicato la possibile soluzione su Clinical Cancer Research. “A quanto pare – commentano gli autori – la chiave del paradosso sta nella tempistica”.

LA SOIA E IL TUMORE AL SENO. Nelle donne con tumore recettivo agli estrogeni (ER positivo), che rappresenta circa il 70% dei casi, la terapia più usata è quella endocrina (o anti-ormonale), come il tamoxifene, che agisce impedendo agli estrogeni di legarsi ai recettori. Sebbene questo farmaco abbia contribuito largamente alla cura delle donne con tumore al seno, continuano a esistere numerosi casi (circa la metà) di sviluppo di resistenza e di recidiva.

LA GENISTEINA. A questo proposito, la genisteina, un composto chimico di origine vegetale che agisce a sua volta sui recettori umani ed animali di estrogeni ed è presente in grande quantità nella soia, potrebbe avere un ruolo chiave. Da tempo, infatti, le ricerche hanno dimostrato come un regolare consumo di soia contribuisca ad abbassare il rischio di cancro al seno e coma possa migliorare la risposta al tamoxifene. Ma questa è solo una parte della storia.

QUESTIONE DI TIMING. Attraverso uno studio condotto sui ratti, Hilakivi-Clarke e colleghi hanno scoperto che gli effetti benefici della soia sui tumori ER-positivi scompaiono se questo alimento viene inserito nella dieta dopo la diagnosi di tumore al seno. In questo caso, la soia diventa invece dannosa. “Purtroppo non sappiamo ancora perché questo cambiamento nella dieta renda gli animali resistenti al tamoxifene e aumenti il rischio di recidiva”, afferma Xiyuan Zhang, che ha lavorato all’esperimento.

Secondo i risultati dello studio, per gli animali che consumano soia nel corso della vita il rischio di recidiva con tamoxifene è del 7%, mentre è il 33% per coloro che cominciano ad assumere la soia solo dopo la comparsa del tumore. Il paradosso sembra quindi spiegato, sebbene resti ora da verificare se questi risultati valgono anche per gli esseri umani.


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