Cancro al seno. La terapia ormonale diventa light: stessa efficacia ma meno effetti collaterali

   www.healthdesk.it, 07/12/2018

MENO È MEGLIO
Anche a basso dosaggio e per soli 3 anni il tamoxifen riduce il rischio di ricomparsa della malattia


Lo studio TAM-01 presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium dimostrano che basse dosi di tamoxifene pari a 5 mg al giorno per 3 anni, dimezzano il rischio di recidiva e riducono del 75% i nuovi tumori all’altra mammella rispetto al placebo
Cinque al posto di venti. È in questa semplice sostituzione di numeri che potrebbe risiedere una vera e propria svolta per le donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore al seno nelle fasi iniziali e devo assumere un trattamento ormonale per prevenire la ricomparsa della malattia. 

I due numeri indicano il dosaggio di uno dei farmaci usato in questi casi: il tamoxifene. 
20 milligrammi al giorno è il dosaggio indicato fino a oggi, 5 milligrammi è invece il dosaggio che garantisce la stessa efficacia, ma soprattutto dà un taglio netto agli effetti collaterali.
La svolta arriva dal San Antonio Breast Cancer Symposium in Texas, il più importante congresso internazionale sul carcinoma alla mammella dove il direttore della S.C. Oncologia medica dell’E.O. Ospedali Galliera di Genova Andrea De Censi ha presentato i dati dello studio TAM-01, un ampio trial clinico no profit sostenuto da AIRC e ministero della Salute e LILT.
Tanto importante è giudicato l’impatto di questi risultati che la ricerca è stata selezionata tra le quattro più rappresentativi del congresso.

LA DOPPIA FACCIA DEL TAMOXIFENE
Tamoxifene è un farmaco che agisce bloccando i recettori ormonali a cui si legano gli estrogeni, gli ormoni femminili che stimolano le cellule della ghiandola mammaria a crescere e contribuiscono a sviluppare alcuni tumori al seno.
Viene utilizzato dopo l’intervento chirurgico nelle donne che hanno avuto una diagnosi di tumore mammario intraepiteliale, un insieme di malattie che rappresentano circa il 20% di tutti i tumori al seno. Comprende il carcinoma duttale in situ (DCIS), il carcinoma lobulare in situ (LCIS) e l’iperplasia duttale atipica (ADH). 
Lo scopo del trattamento è quello di ridurre il rischio di ricomparsa del tumore o lo sviluppo di forme di tumore invasive, e quindi più gravi. Fino a oggi il dosaggio indicato in questi casi era di 20 mg al giorno e il trattamento durava 5 anni. 
«Purtroppo il tamoxifene è associato a un aumentato rischio di tumore dell’endometrio, la parte interna dell’utero, e a tromboembolia venosa oltre che alla comparsa di sintomi della menopausa che possono portare all’interruzione del trattamento», spiega De Censi, che ha coordinato la ricerca. 
Da tempo si cercano strategie alternative che comportino minori effetti collaterali. 

Ora la strategia vincente sembra essere stata trovata.
«I dati del nostro studio, denominato TAM-01, dimostrano che basse dosi di tamoxifene pari a 5 mg al giorno per 3 anni, dimezzano il rischio di recidiva e riducono del 75% i nuovi tumori all’altra mammella rispetto al placebo. Un risultato che è sovrapponibile a quello che si ottiene con il dosaggio a 20 mg. Oltre a confermare l’efficacia, con il trattamento a basse dosi si ha una riduzione statisticamente significativa degli eventi avversi seri, senza l’aumento dei sintomi della menopausa come vampate di calore, secchezza vaginale e dolore durante i rapporti sessuali», dice ancora De Censi. 

LO STUDIO
Per arrivare a questa conclusione è stato necessario un ampio trial clinico randomizzato di fase III (TAM-01) che ha coinvolto 500 donne con DCIS, LCIS e ADH dopo l’intervento chirurgico e, quando necessario la radioterapia. Le pazienti sono state suddivise in due “bracci”, di studio e di controllo, e rispettivamente trattate con bassi dosi di tamoxifene o placebo per tre anni, in 14 centri Italiani, tra cui l’Istituto Europeo di Oncologia. Sono state viste dai ricercatori ogni sei mesi e si sono sottoposte a un controllo mammografico annuale.
Dopo un follow-up di poco più di 5 anni, 14 delle 253 pazienti (5,5%) nel braccio con basse dosi di tamoxifene e 28 delle 247 donne (11,3%) nel braccio con placebo, hanno avuto una ripresa della malattia o un nuovo tumore. Il trattamento ha quindi ridotto il rischio del 52%.
Gli eventi avversi seri tra le pazienti nel braccio con tamoxifene a basse dosi sono stati 12, e 16 quelli tra le donne nel braccio con placebo. Tra i due bracci non sono state rilevate differenze relativamente ai sintomi di menopausa, in particolare le vampate di calore, la secchezza vaginale e i dolori alle articolazioni.

FERMARE IL CANCRO PRIMA CHE ARRIVI
«Grazie al sostegno in primo luogo di AIRC e del Ministero della Salute, e al contributo di LILT, siamo riusciti ad avviare questo studio no profit e ottenere risultati che riteniamo possano cambiare la pratica clinica: le donne che hanno avuto un tumore in situ, con il basso dosaggio avranno una protezione efficace e una qualità di vita migliore», sottolinea De Censi che ora vuole compiere un ulteriore passo avanti. E valutare se il tamoxifene a bassi dosaggi possa essere usato in prevenzione primaria, cioè nelle donne sane che però presentano un elevato rischio di sviluppare la malattia. 
Nello studio si è visto, infatti, che nelle donne a elevata suscettibilità che avevano già avuto un cancro al seno ed erano state operate, il trattamento con tamoxifene a 5 mg al giorno riduceva di ben il 75% il rischio di sviluppo di un tumore all’altro seno. 
La strategia era già stata tentata con il dosaggio a 20 mg, ma non ha avuto molto successo per l’impatto degli effetti collaterali del trattamento ad alto dosaggio, specie i sintomi della menopausa. «Con il basso dosaggio questi effetti collaterali sono stati minimi e quindi confidiamo che un trattamento con 5 mg al giorno di tamoxifene possa rivelarsi un’opportunità di prevenzione primaria nelle donne sane che hanno un alto rischio di sviluppare un tumore al seno, comprese le donne con mutazione di BRCA, quello conosciuto come il gene di Angelina Jolie» conclude De Censi.

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