Liste di attesa, difficoltà di accesso ai farmaci innovativi e carenza di servizi....

   www.healtdesk.it, 05/06/2019

ASCO 2019
Liste di attesa, difficoltà di accesso ai farmaci innovativi e carenza di servizi sul territorio i principali ostacoli per i malati oncologici italiani

Dai lunghi tempi di attesa alla difficoltà di accedere alle cure farmacologiche innovative, dalla carenza dei servizi territoriali alle difficoltà psicologiche legate alla malattia. Sono queste le problematiche più diffuse tra i malati oncologici italiani come emergono dai dati raccolti nell'ultimo anno da Cittadinanzattiva, presente ai lavori del meeting annuale degli oncologi americani (ASCO) a Chicago con il segretario generale, Antonio Gaudioso.

Medicina personalizzata e umanizzazione delle cure «sono due temi fondamentali, al centro dei lavori del Congresso ASCO, che riguardano anche il nostro Paese» osserva Gaudioso.

Le attese. Secondo le rilevazioni di Cittadinanzattiva, oltre un italiano su dieci segnala tempi lunghi per gli esami diagnostici (per esempio, in media 13 mesi per una mammografia e nove per una colonscopia) e per gli interventi chirurgici. Di poco inferiore (10%) la percentuale di cittadini con problemi di liste di attesa per le visite specialistiche (circa otto mesi in media) e anche per la chemio e radioterapia.

I tempi di attesa non sono garantiti ovunque nemmeno nel caso delle urgenze: circa un quarto denuncia di aver aspettato più delle 72 ore previste dal Piano nazionale sulle liste di attesa e circa il 13%, dopo la diagnosi, aspetta più dei 60 giorni previsti per l’intervento chirurgico.

I farmaci innovativi. Sebbene gran parte delle strutture (42%) risponda che in media l’inserimento dei nuovi farmaci nel Prontuario terapeutico ospedaliero avvenga praticamente nell'immediato (0-15 giorni), moltissime impiegano anche diversi mesi: il 7% dai tre ai quattro mesi e il 9% da quattro a sei mesi. Stessa considerazione va fatta per l’inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri di farmaci cosiddetti innovativi: in media il 60% delle strutture impiega fino a un mese per renderli disponibili, più di un quarto fino a due mesi e per un 2% si arriva addirittura a oltre sei mesi.

Dopo la diagnosi. Già dal sospetto diagnostico il 90% delle strutture si attiva per la presa in carico del paziente e nella metà già si assegna il codice di esenzione 048 per garantire la gratuità delle prestazioni di diagnosi e cura della patologia oncologica.

L’89% delle strutture garantisce un’équipe multidisciplinare, dichiarando di assicurare il coinvolgimento di tutti gli specialisti direttamente interessati al percorso diagnostico terapeutico.

Tuttavia alcune figure non sono sempre garantite: nell’80% dei casi mancano l’assistente sociale e il medico di famiglia, nel 66% il nutrizionista, nel 55% il terapista del dolore, nel 38% lo psicologo. Poco presente anche la figura del case manager che viene assicurata solo in una struttura su tre.

Poca informazione. Circa un paziente su quattro reputa appena sufficienti o addirittura scarsi il tempo e la qualità delle informazioni ricevute durante la prima visita. Un terzo circa dichiara di non aver avuto la prenotazione automatica di ulteriori visite o esami, ma è dovuto ritornare dal medico di medicina generale o prenotarle da solo. In un day hospital su cinque manca un servizio telefonico di riferimento per segnalare emergenze, eventi avversi nella terapia o chiedere consigli.

Dopo la dimissione dall’ospedale. Più di un cittadino su quattro lamenta la scarsa reattività del territorio, anche perché solo poco più di un terzo dei day hospital individua un referente che si occupi della continuità assistenziale.

Non sempre, inoltre, il paziente riesce a curarsi vicino casa: oltre il 55% accede a un day hospital fuori dal proprio Comune e il 7% addirittura fuori Regione. Il 38% impiega mezz’ora/un’ora per recarsi al DH e un ulteriore 14% fino a due ore.

Umanizzazione e personalizzazione delle cure. Sebbene oltre il 90% delle strutture garantisca attenzione al dolore e cure personalizzate, il 75% non effettua da subito la valutazione psicologica e il 66% non prevede percorsi per tutelare la capacità riproduttiva nei pazienti oncologici.

Il 40% dei cittadini, inoltre, lamenta la mancanza di supporto nel disbrigo di pratiche amministrative, per esempio per il rilascio di protesi e ausili, per la certificazione di invalidità civile e handicap o per avere l’esenzione dal ticket.


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