Fermare il cancro passando al setaccio tutte le sue cellule

   www.healthdesk.it, 11/03/2021

La tecnica
La nuova tecnologia descritta su Nature Communications permette di riconoscere le cellule staminali tumorali così da poterle colpire e impedire al cancro di crescere. L’idea è di testarla nella leucemia mieloide acuta che ha un alto tasso di recidive. Ma potrebbe essere applicata ad altri tumori

La genomica a singola cellula potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento della leucemia e probabilmente di altri tipi di tumori. La tecnica che consiste nel sequenziamento di una cellula alla volta riesce a catturare le caratteristiche genetiche delle singole cellule permettendo così di distinguere le cellule staminali tumorali da quelle sane. Il nuovo metodo, descritto su Nature Communications, lascia intravedere la possibilità di colpire il cancro alla sua fonte. La maggior parte dei tessuti cancerosi è formata da cellule che si dividono rapidamente ma che hanno una limitata capacità di auto-rinnovamento: la maggior parte delle cellule cioè smette di riprodursi dopo un certo numero di divisioni.

Se la storia finisse qui, fermare il cancro non sarebbe un problema.

Purtroppo però l’entrata in scena delle cellule staminali tumorali può compromettere il lieto fine. Perché le cellule staminali tumorali possono replicarsi indefinitamente, alimentando la crescita del cancro. Sono loro le responsabili delle recidive.
Nella leucemia mieloide acuta l’alta probabilità di recidive impedisce ai pazienti di sopravvivere al cancro: solo il 15 per cento delle persone anziane affette da questo tipo di tumore del sangue vive più di cinque anni.
In questi casi, come in altri, sarebbe risolutivo riuscire a trovare il modo di mettere fuori uso le cellule staminali tumorali. Ma l’operazione non è affatto semplice perché queste cellule sono difficili da isolare e da studiare perché sono poche e somigliano molto alle altre cellule staminali per cui si confondono nella mischia.

Ora i ricercatori del Centre for Genomic Regulation (CRG) e dell’European Molecular Biology Laboratory (EMBL) hanno messo a punto una tecnica capace di distinguere le cellule staminali tumorali dalle staminali sane e dalle cellule mature del cancro.
La tecnologia chiamata MutaSeq consiste nel sequenziamento dell’Rna delle singole cellule e somiglia per certi aspetti ai test molecolari per la ricerca di Sars-Cov-2.
«L’Rna fornisce informazioni vitali per la salute umana. Ad esempio, i test PCR per il coronavirus rilevano il suo RNA per diagnosticare COVID-19. Il sequenziamento successivo può determinare la variante del virus. MutaSeq funziona come un test PCR per il coronavirus, ma a un livello molto più complesso e con una singola cellula come materiale di partenza», spiega Lars Velten, autore principale dello studio.

Come si fa a capire con che tipo di cellule si ha a che fare?

In prima battuta MutaSeq analizza migliaia di Rna contemporaneamente e in questo modo fa la prima scrematura distinguendo le cellule staminali da quelle mature. Poi si passa a un successivo sequenziamento in cerca di mutazioni per scoprire se si tratta di staminali cancerose o sane.
La tecnologia fornisce informazioni sulle caratteristiche che distinguono una staminale cancerosa da una sana, informazioni che potrebbero essere sfruttate per la realizzazione di farmaci mirati che avessero come bersaglio le staminali tumorali.
Significherebbe poter bloccare il cancro alla sua origine.
Il sequenziamento di cellule singole, fornendo informazioni molecolari tanto dettagliate sulle singole cellule, apre quindi nuove strade per la ricerca. Gli autori dello studio hanno cominciato a collaborare con centri di ricerca in Germania e in Spagna per testare la nuova tecnologia in trial clinici più ampi.
«Stiamo anche cercando di rendere il metodo molto più snello. La nostra visione è quella di identificare bersagli terapeutici specifici per le cellule staminali tumorali in una maniera personalizzata, rendendo in definitiva facile per i pazienti e i medici considerare questi trattamenti normali come lo sono i test per il coronavirus», dichiara Lars Steinmetz, professore alla Stanford University, direttore di ricerca all'EMBL di Heidelberg e autore dello studio.

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