Tumore al seno, perché servono i test genetici per scegliere la cura migliore (ma in Italia se ne fanno pochi)

   www.corriere.it, Sportello Cancro, Vera Martinelli, 03/05/2021

INDAGINE
Ancora poco diffusi i laboratori di biologia molecolare e le tecnologie per effettuare test di sequenziamento del Dna per la ricerca di mutazioni responsabili di vari tipi di cancro


Tumore al seno, perché servono i test genetici per scegliere la cura migliore (ma in Italia se ne fanno pochi) 
Non esiste più «il tumore» al seno e le molte cure oggi disponibili non vengono sfruttate al meglio. Una delle grandi conquiste della ricerca scientifica negli utimi decenni è, infatti, aver compreso che esistono molti sottotipi diversi di cancro (al seno, ma è un discorso che vale per tutte le neoplasie) e che riuscire a individuare le mutazioni genetiche-chiave per ciascun sottogruppo è un passo determinante. In questo modo sono stati poi sviluppate nuove terapie in grado di contrastare quelle mutazioni che rendevano la malattia particolarmente resistente alle cure o aggressiva e rapida nel suo avanzamento. Terapie più efficaci, che se non sempre riescono a portare alla guarigione, spesso allungano di molto la vita dei malati. Ma per scegliere fra le tante cure quella più «giusta», cioè mirata contro l'alterazione del Dna presente nel tumore del singolo paziente, bisogna effettuare un apposito test genetico e oggi, in Italia, tecnologie e laboratori in grado di eseguire questi test scarseggiano e non sono distribuiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. È quanto emerge da una ricerca IQVIA che ha coinvolto quasi 300 reparti di anatomia patologica e laboratori di biologia molecolare italiani per mettere a fuoco le tecnologie disponibili e il loro effettivo impiego per effettuare test di sequenziamento genico.

Solo un terzo dei laboratori è attrezzato
Tra i reparti coinvolti nel sondaggio, realizzato per Novartis, solo il 33% ha a disposizione tecnologie di sequenziamento genico e tra questi solo il 30% effettua questo tipo di test per il tumore al seno. Non solo: sebbene siano raccomandati dalle linee guida internazionali, oggi questi esami sono rimborsati solo in Lombardia, Toscana e Provincia Autonoma di Bolzano. «Ci troviamo di fronte a una svolta per il trattamento del tumore al seno che richiede la definizione di percorsi diagnostico-terapeutici che tengano sempre più conto della diagnostica molecolare avanzata — spiega Pierfranco Conte, ordinario di Oncologia medica all’Università di Padova e direttore dell'Oncologia 2 all’Irccs Istituto Oncologico Veneto —. Le conoscenze sviluppate sulle cause genetiche alla base della crescita tumorale hanno infatti portato a definire percorsi terapeutici differenziati in tumori mammari con particolari alterazioni genetiche, quali per esempio i tumori HER2+ e i tumori BRCA 1-2 mutati. Recentemente sono state messe a punto nuove terapie target, mirate ad agire su specifiche mutazioni, come la mutazione PIK3CA. Queste innovazioni, alla luce del paradigma attuale di diagnosi e trattamento, richiedono la messa a punto di nuove strategie, che mettano in primo piano il ruolo della diagnostica molecolare e la collaborazione tra clinici e laboratori». Il gene PIK3CA mutato è presente in circa il 40% delle pazienti con carcinoma mammario HR+/HER2- (sottotipo che rappresenta circa il 60% di tutti i tumori mammari) e la sua presenza è collegata a una prognosi sfavorevole e a una più scarsa risposta alle terapie endocrine o chemioterapiche tradizionali: per questo individuarlo è particolarmente importante per poter sfruttare i farmaci più efficaci.

Creare un nuovo modello organizzativo
«La disponibilità di avanzate tecnologie di diagnostica molecolare e le scoperte scientifiche sulla genomica del tumore hanno profondamente cambiato il ruolo del laboratorio, che oggi e sempre più nel prossimo futuro sarà il punto di partenza imprescindibile del percorso diagnostico e terapeutico per la cura del tumore al seno — commenta Angelo Paolo Dei Tos, direttore dell’Anatomia Patologica all’Università di Padova —. Oggi in laboratorio siamo in grado di rilevare lo stato di mutazione dei geni coinvolti nella crescita del tumore al seno, come le mutazioni ereditarie del gene BRCA1-2 e la frequente mutazione somatica, quindi non ereditaria, del gene PIK3CA. Conoscenze e tecnologie che per tradursi in pratica clinica richiedono la messa in atto di un nuovo modello, per garantire ai reparti di anatomia patologica la disponibilità di tecnologie e risorse per effettuare i test di sequenziamento genico e per favorire la collaborazione tra laboratori e reparti di oncologia». Serve, in pratica, innanzitutto che i test genomici siano rimborsati dal Ssn in tutte le regioni, ma anche una distribuzione uniforme delle tecnologie su tutto il territorio nazionale per rafforzare e ampliare la capacità dei laboratori di anatomia patologica di supportare gli oncologi nella definizione di approcci terapeutici personalizzati. Ed è importante che i test vengano effettuati in tempi rapidi, perché in alcuni casi permettono di evitare chemioterapie in quelle donne che hanno minori rischi di recidiva, in altri (come per la mutazione PIK3CA) contribuiscono a scegliere i farmaci da prescrivere alle donne con un tumore al seno già avanzato, in fase metastatica. «La diagnosi molecolare predittiva deve essere garantita a tutte le pazienti — conclude Dei Tos —: questo comporta vantaggi sia per le pazienti, sia per l’interno sistema-salute, perché prescrivere terapie mirate consente anche risparmi economici. Infine l’informazione alle donne è un elemento chiave: aumentare la loro conoscenza sulle opportunità offerte dalla diagnostica molecolare avanzata è un passo fondamentale per coinvolgerle come parte attiva e consapevole nel percorso di diagnosi e trattamento».


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