Cancro al seno. Allungare a 7-8 anni la terapia ormonale (ma non oltre)

   www.healthdesk.it, 17/09/2021

Esmo
Non più di 7-8 anni. È questa la durata ottimale della terapia anti-ormonale per le donne in menopausa che si ammalano di tumore del seno. Oltre questa soglia, i grandi benefici offerti dalla terapia scemano per lascare il posto ai rischi.


È quanto emerge da una ricerca multicentrica italiana del Gruppo Italiano Mammella, coordinata dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, presentata all’annuale congresso della European Society of Medical Oncology (ESMO) e pubblicata oggi su The Lancet Oncology.

Il trattamento ormonale, prima con tamoxifene e poi con letrozolo, un inibitore dell’aromatasi, per una durata totale di 7-8 anni diminuisce significativamente la mortalità e riduce il rischio di ricadute nelle donne in postmenopausa colpite da tumore al seno con recettori ormonali positivi. Lo studio suggerisce perciò un nuovo protocollo terapeutico ottimale che potrà diventare lo standard nella pratica clinica quotidiana, dove tuttora si consiglia un trattamento di 5 anni.

Togliere la benzina al cancro
Ogni anno in Italia si registrano 55.000 nuovi casi di tumore del seno, di cui la maggioranza (circa 38.000) viene diagnosticata in donne in postmenopausa.
Il tipo di cancro al seno più frequente (circa il 70% dei casi) è il cancro con recettori ormonali positivi nel quale gli ormoni, in particolare estrogeni e progesterone, rappresentano il “combustibile” delle cellule tumorali e ne stimolano la crescita. Dopo l’intervento per le donne in postmenopausa con un cancro al seno positivo ai recettori ormonali, il passo successivo è intraprendere la terapia anti-ormonale adiuvante, allo scopo di bloccare la crescita di eventuali cellule residue e ridurre il rischio di recidive. Uno degli schemi standard di terapia anti-ormonale prevede una durata totale di 5 anni: le donne ricevono il trattamento con tamoxifene per 2-3 anni seguito per altri 2-3 anni dalla terapia con un inibitore delle aromatasi, come il letrozolo, che impedisce agli androgeni di trasformarsi in estrogeni.

Lo studio
Lo studio GIM4 è uno studio multicentrico di fase III che ha coinvolto 69 ospedali di tutta Italia, reclutando nell’arco di 5 anni (dal 2005 al 2010) 2.056 donne in postmenopausa operate per un carcinoma mammario positivo ai recettori per gli estrogeni e trattate per 2-3 anni con il farmaco anti-ormonale tamoxifene.
Le pazienti sono state assegnate casualmente a ricevere l’inibitore dell’aromatasi letrozolo per i successivi 2-3 anni oppure un trattamento prolungato con letrozolo per 5 anni.
Le pazienti coinvolte sono state seguite in media per 12 anni.

«Si tratta del primo studio sulla durata del trattamento adiuvante anti-ormonale ad avere un periodo di osservazione così lungo», spiega la coordinatrice dello studio Lucia Del Mastro, oncologa e responsabile della Breast Unit dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. «I risultati mostrano che il trattamento prolungato per 5 anni con letrozolo aumenta del 4% le probabilità di sopravvivenza e riduce il rischio di recidive nelle pazienti con tumore al seno in postmenopausa. Oggi le linee guida raccomandano una durata personalizzata del trattamento con letrozolo sulla base della tolleranza al farmaco e del rischio di ricaduta, considerando che nessuno studio ad oggi aveva dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza con la terapia ormonale prolungata oltre i 5 anni. Sulla base dei risultati dello studio GIM4, ed in particolare del vantaggio osservato nella sopravvivenza globale, invece, il protocollo terapeutico potrà essere modificato prevedendo una durata ottimale di sette-otto anni per la terapia anti-ormonale. Oltre questa durata, a fronte dell’incremento della tossicità non assistiamo a un aumento della longevità: gli effetti collaterali, come dolori alle articolazioni, ai muscoli, osteoporosi e ipertensione, sono infatti più frequenti. Per questo è necessario che la terapia anti-ormonale non venga proseguita oltre i 7/8 anni: riteniamo che questa durata sia il giusto compromesso tra una maggiore efficacia della terapia e un aggravamento eccessivo degli eventi avversi».


Leggi articolo