Come starle accanto?
domanda:
Gentile dottoressa,
la scorsa estate, in seguito a una mammografia e a controlli successivi, la mia compagna (51 anni) ha scoperto di avere un tumore infiltrante alla mammella allo stadio I (1 centimetro, G1). Abbiamo già superato qualche prova: quadrantectomia, esame istologico, prescrizione della terapia (radioterapia e cure ormonali). Nonostante alcune condizioni relativamente incoraggianti (linfonodi negativi, assenza di metastasi, recettori ormonali positivi entrambi 90%, HER2 negativo, attività proliferativa sotto il 9%), mi rendo conto sempre più di non saper aiutare la mia compagna, di non starle accanto come dovrei. Il tempo ora mi angoscia (i mesi e gli anni futuri).
Gran parte della mia disperazione dipende dal fatto che quando avevo 20 anni mia madre morì di un cancro ai polmoni: quell’esperienza modificò completamente il mio modo di vedere la vita e di viverla, e purtroppo si sta sovrapponendo all’attuale. Se questa disperazione rimanesse solo un problema mio, sarei meno preoccupato, ma, per quanto cerchi di nasconderla e dissimularla, la mia compagna se ne accorge e ne risente. Non c’è altro posto dove voglia stare se non accanto a lei (in ospedale, durante ogni visita, ogni controllo). Ma a cosa serve una presenza così spaventata? Vorrei porvi rimedio, ma non so da dove cominciare.
risposta di d.ssa Maria Gabriella Manno:
Gent. signore,
Già il fatto che lei si ponga delle domande sull'adeguatezza o meno del suo star vicino alla sua compagna, depone a suo favore. Vuol dire che ha un'apertura cognitivo-affettiva necessaria ad affrontare la situazione. Riflettere, cercare, spiegare sono segnali di un animo sensibile e profondo. Tuttavia lei si trova di fronte a un compito fra i più difficili della vita, un' esperienza che potrebbe arricchire lei, la sua partner e la vostra relazione se trattata con rigore, amore e disponibilità al cambiamento. Ma mi rendo conto che tutto ciò può apparire inutile o vuoto o lontano, di fronte alla sofferenza e alla paura che vi sta coinvolgendo. Inoltre la sua storia personale contiene già un trauma legato al cancro. Chi le è stato vicino quando ha perso la sua mamma? Come le sono stati vicini gli altri in quel periodo? Cosa avrebbe voluto ricevere? Come avrebbe voluto che le parlassero? una volta un mio maestro mi disse: "la tua sofferenza è ciò che ti servirà per aiutare gli altri". Aveva ragione. Si ascolti, si prenda tempo e non si giudichi se ha paura. Si concentri sull'essere autentico e faccia quel che può, non siamo tutti eroi!
E chieda aiuto se ne sente il bisogno, Andos è aperta ad accogliere e se lo reputa utile si faccia un colloquio con uno psicologo.
Auguro il meglio a lei e alla sua compagna
Gabriella Manno
Gentile dottoressa,
la scorsa estate, in seguito a una mammografia e a controlli successivi, la mia compagna (51 anni) ha scoperto di avere un tumore infiltrante alla mammella allo stadio I (1 centimetro, G1). Abbiamo già superato qualche prova: quadrantectomia, esame istologico, prescrizione della terapia (radioterapia e cure ormonali). Nonostante alcune condizioni relativamente incoraggianti (linfonodi negativi, assenza di metastasi, recettori ormonali positivi entrambi 90%, HER2 negativo, attività proliferativa sotto il 9%), mi rendo conto sempre più di non saper aiutare la mia compagna, di non starle accanto come dovrei. Il tempo ora mi angoscia (i mesi e gli anni futuri).
Gran parte della mia disperazione dipende dal fatto che quando avevo 20 anni mia madre morì di un cancro ai polmoni: quell’esperienza modificò completamente il mio modo di vedere la vita e di viverla, e purtroppo si sta sovrapponendo all’attuale. Se questa disperazione rimanesse solo un problema mio, sarei meno preoccupato, ma, per quanto cerchi di nasconderla e dissimularla, la mia compagna se ne accorge e ne risente. Non c’è altro posto dove voglia stare se non accanto a lei (in ospedale, durante ogni visita, ogni controllo). Ma a cosa serve una presenza così spaventata? Vorrei porvi rimedio, ma non so da dove cominciare.
risposta di d.ssa Maria Gabriella Manno:
Gent. signore,
Già il fatto che lei si ponga delle domande sull'adeguatezza o meno del suo star vicino alla sua compagna, depone a suo favore. Vuol dire che ha un'apertura cognitivo-affettiva necessaria ad affrontare la situazione. Riflettere, cercare, spiegare sono segnali di un animo sensibile e profondo. Tuttavia lei si trova di fronte a un compito fra i più difficili della vita, un' esperienza che potrebbe arricchire lei, la sua partner e la vostra relazione se trattata con rigore, amore e disponibilità al cambiamento. Ma mi rendo conto che tutto ciò può apparire inutile o vuoto o lontano, di fronte alla sofferenza e alla paura che vi sta coinvolgendo. Inoltre la sua storia personale contiene già un trauma legato al cancro. Chi le è stato vicino quando ha perso la sua mamma? Come le sono stati vicini gli altri in quel periodo? Cosa avrebbe voluto ricevere? Come avrebbe voluto che le parlassero? una volta un mio maestro mi disse: "la tua sofferenza è ciò che ti servirà per aiutare gli altri". Aveva ragione. Si ascolti, si prenda tempo e non si giudichi se ha paura. Si concentri sull'essere autentico e faccia quel che può, non siamo tutti eroi!
E chieda aiuto se ne sente il bisogno, Andos è aperta ad accogliere e se lo reputa utile si faccia un colloquio con uno psicologo.
Auguro il meglio a lei e alla sua compagna
Gabriella Manno