IL TUMORE

Il cancro al seno può colpire ogni donna e sebbene colpisca principalmente le donne, anche gli uomini possono ammalarsi.
Il cancro al seno dell’uomo ha un’incidenza molto bassa (all’incirca 100 volte più raro di quello delle donne). Il corpo umano è composto di unità elementari chiamate cellule che si dividono per produrre altre cellule quando il corpo ne ha bisogno, come quando una persona sta crescendo. Talvolta però si dividono anche se non dovrebbero. Ciò avviene quando le cellule ricevono un segnale sbagliato o se vi è un errore nel DNA. Le mutazioni genetiche possono essere spontanee e sono quelle che accadono nel tempo o ereditate. I geni passano dai genitori ai figli. Se alcune persone appartenenti alla famiglia hanno il cancro, è possibile che ci sia una mutazione nei geni della famiglia. Se si ha una forte familiarità per il cancro al seno, il medico potrebbe richiedere un test genetico per determinare se vi è una mutazione genetica che potrebbe aumentare la probabilità di sviluppare un cancro al seno.

Se le cellule crescono incontrollatamente possono formare delle masse chiamate tumori. I tumori sono di due tipi, benigni e maligni. I tumori benigni sono delle masse di cellule inattive e non costituiscono un cancro. I tumori maligni si diffondono e danneggiano altri tessuti.

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Diagnostica e stadiazione 

In chirurgia oncologica e soprattutto in quella mammaria la scelta dell’intervento è subordinata allo stadio in cui la malattia viene diagnosticata. Fino a qualche tempo fa la diagnostica era quasi esclusivamente clinica ossia basata su alcuni sintomi e soprattutto segni chiaramente riscontrabili alla ispezione ed alla palpazione della mammella. Questi segni rappresentano la manifestazione evidente con la quale la malattia, proprio in quanto in fase avanzata, dà segno di sé. Sono le situazioni, fortunatamente sempre più rare, in cui rimane l'indicazione chirurgica ad una terapia molto aggressiva che, pur associata a terapie mediche, spesso non riesce a modificare una prognosi comunque severa. Oggi invece si è affermato il concetto di diagnosi pre-clinica intesa come capacità si svelare il tumore prima che si renda evidente con manifestazioni visibili. In questi casi non solo è possibile una chirurgia poco o affatto demolitiva, ma aumentano in modo significativo le percentuali di sopravvivenza e di guarigione.

Campagne di informazione e screening - Campagne di informazione mirate hanno contribuito ad estendere in modo capillare la partecipazione delle donne agli screening del cancro della mammella. Importanti gruppi di studio finalizzato alla lotta contro i tumori hanno predisposto adeguati protocolli che, individuando le ‘popolazioni bersaglio prevedono per queste fasce a rischio una serie di indagini che vanno dall’autopalpazione alla visita specialistica, a varie indagini strumentali.

Progresso della diagnostica strumentale - L'indagine mammografica è stata affiancata utilmente da quella ecografica e l'avvento di apparecchiature sempre più sofisticate consente di svelare neoplasie della grandezza di pochi millimetri e quindi in fase veramente iniziale.

Protocolli diagnostici - Fondamentali nella elaborazione dei vari percorsi anche terapeutici prevedono una serie di passaggi obbligati. Si inizia con le comuni indagini cliniche e strumentali che nei casi dubbi o positivi vengono seguiti da ulteriori esami:citologici (su cellule prelevate mediante ago-aspirato) o istologici (su frammenti di tessuto prelevato mediante biopsia). Questi prelievi effettuati su lesioni a volte di pochi mm. e interni alla ghiandola sono resi possibili perché ‘guidati’ ecograficamente o radiograficamente da sofisticate apparecchiature finalizzate a questo scopo quale, ad esempio, il mammotome.

Classificazione e stadiazione della malattia - Per classificazione si intende la individuazione di categorie predeterminate in cui è possibile inserire la neoplasia. Una delle più note e seguite è la classificazione TNM clinica (categoria al momento della diagnosi o in determinati momenti successivi alle terapie) o patologica (categoria al momento dell'intervento chirurgico come appare quindi all'operatore e soprattutto all'anatomo patologo che esegue gli esami microscopici estemporaneamente) acronimo di Tumor Node Metastasis. Prevede un gran numero di classi caratterizzate da valori diversi di:

  • T che contraddistingue il tumore primitivo la cui grandezza e natura è espressa dal valore che lo accompagna (X – 0 – IS - 1mic,1a,1b,1c,1d – 2 – 3 - 4a,4b,4c,4d). TX o T0 indicano un tumore non definibile o non evidenziabile, T1c un tumore di dimensione fino a 2 cm per arrivare progressivamente a T4b tumore di qualunque grandezza ma già aderente alla cute in cui ha determinato un infossamento o la buccia d’arancio fino a T4d che indica un carcinoma infiammatorio.
  • N che indica se, ed in che misura, i linfonodi della mammella sono interessati dalla neoplasia. Anche i valori che accompagnano N sono diversi (X – 0 – 1a – 1b1,1b2,1b3,1b4 – 2 – 3) e indicano da N0, assenza di metastasi a N3 quando vi è coinvolgimento metastatico dei linfonodi appartenenti alla catena mammaria interna omolaterale (N3).
  • M che si riferisce alla presenza di eventuali metastasi. MX indica impossibilità di accertare la presenza di metastasi distanti, M0 le esclude, M1 le individua in organi distanti.

Questo gran numero di classi e sottoclassi rende quindi agevole la tipizzazione di un cancro. Ciò è utile perché consente di inserirlo con precisione nel protocollo terapeutico più opportuno per quel ‘tipo’ di cancro, perché lo identifica in modo univoco ed universale, perché consente a sanitari ed a strutture anche diverse di monitorarne l'evoluzione. Motivi pratici ed esigenze di più facile comprensione hanno indotto a semplificare il sistema TNM scegliendo le classi più omogenee e accorpandole in modo da ricondurle soltanto a 4 gruppi o Stadi, sia pure comprendenti alcune sottocategorie:

 

La stadiazione permette l'impostazione della terapia più idonea e una valutazione statistica obiettiva dell'evoluzione prognostica. Il cancro mammario è ormai studiato da molti decenni e la gran massa di dati raccolti ha consentito di elaborare stime attendibili per quanto riguarda il destino delle pazienti che ne sono affette. È possibile rilevare che questa malattia, prima causa di mortalità per neoplasie nella donna, quando trattata in fase pre-clinica ha un tasso di sopravvivenza a 5 e 10 anni altissimo, fino al 95%-98%. Al contrario, allo stadio IV, la percentuale si abbassa drammaticamente sotto il 5%. Ma la stadiazione ha anche altri vantaggi:

  • sottrae una decisione difficile, quella di dover scegliere un intervento che può essere più o meno invasivo e mutilante, al rapporto empatico tra chirurgo e paziente
  • rappresenta una base di discussione obiettiva e accettabile da parte della paziente che comprensibilmente tende a rifiutare un intervento mutilante.
  • rende univoca la scelta terapeutica prevista per quella determinata situazione prescindendo dal chirurgo, dalla struttura e dal paese in cui viene eseguito l’intervento. Fatta salva naturalmente la professionalità dell’operatore e la qualità del servizio offerto che può essere variabile.