La coppia di proteine che fa galoppare i tumori

   HealthDesk, 18/01/2016

Cancro
Si chiamano p53 e YAP. Sono due proteine che da anni sono al centro dell’attenzione per la loro capacità di favorire la crescita dei tumori. Ora uno studio italiano dimostra che lavorano insieme


L’una è un potente freno alla trasformazione maligna. L’altra attiva geni che servono a far crescere gli organi durante lo sviluppo embrionale e a rigenerare e rinnovare i tessuti adulti.

Due proteine, p53 e YAP, di cui è noto da anni il ruolo nello sviluppo dei tumori ma che fino a oggi nessuno era stato in grado di mettere in relazione.

P53 quando tutto funziona regolarmente, lavora a difesa dell’integrità del genoma, impedendo alle cellule di riprodursi in presenza di alterazioni nella sequenza del proprio DNA. Nei tumori, però, p53 viene persa o più di frequente si ritrova in forma mutata. Da guardiano buono, si trasforma così, nelle sue forme alterate, in un pericoloso nemico che accelera la trasformazione tumorale e la progressione della malattia verso esiti infausti. YAP, dal canto suo, nei tumori sembra sfuggire ai rigidi controlli ai quali solitamente è sottoposta e per questo, accumulandosi nel nucleo delle cellule, le riprogramma rendendole più attive nella proliferazione, maligne e capaci di dare origine alle metastasi.

Ora, ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRCCS) di Roma, dell’Università di Trieste e del Laboratorio Nazionale CIB hanno scoperto che p53 e YAP non agiscono in maniera indipendente ma si alleano per dare il via, insieme, a un programma genetico che spinge il tumore a crescere. Lo studio, finanziato da AIRC, è stato pubblicato sulla rivista EMBO Reports.

I ricercatori hanno analizzato un gruppo di pazienti con tumore al seno scoprendo che nel tessuto malato l’espressione anormale di geni della proliferazione è correlata alla contemporanea presenza di mutanti della proteina p53 e di YAP iperattivo e che questi sono associati a un peggior andamento della malattia.

«Sapevamo da un precedente studio che nelle cellule tumorali YAP è controllata da segnali metabolici a loro volta regolati dai mutanti di p53», ha spiegato Giannino Del Sal, direttore del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste e capo dell’unità di oncologia molecolare del Laboratorio Nazionale CIB di AREA Science Park a Trieste. «Il legame tra questi protagonisti tumorali, però, non si ferma lì. L’abbiamo capito analizzando in dettaglio i programmi genetici che essi riescono ad attivare e allora abbiamo indagato la loro capacità di legarsi e operare insieme. Solo così è emerso come, con l’intima relazione tra YAP e i mutanti di p53, si arrivi nel tumore a sovvertire contemporaneamente il metabolismo e la capacità delle cellule di proliferare».

La scoperta apre ora la strada a nuove ipotesi terapeutiche: «Possiamo pensare di spezzare o impedire il legame tra YAP e i mutanti di p53 nei tumori progettando strategie terapeutiche specifiche», dice Giovanni Blandino,coordinatore delle attività di ricerca del laboratorio di Oncogenomica Traslazionale dell’Istituto Tumori Regina Elena. «YAP non è indispensabile ai tessuti normali nell’organismo adulto, mentre i mutanti di p53 sono presenti solo nel tessuto malato. Una simile strategia, quindi, potrebbe avere elevate possibilità di precisione e successo».