Nome in codice Crispr. L’ingegneria genetica del futuro è arrivata

   HealthDesk, Francesca Ceradini, 17/01/2016

LA FRONTIERA
Permette di manipolare il DNA con una precisione, versatilità e facilità mai viste finora. Costa poco e ha una capacità di impiego potenzialmente universale. Ecco la nuova tecnica che potrebbe rivoluzionare la medicina


Il numero di studi scientifici e di articoli di approfondimento pubblicati nel 2015 è stato impressionante e il ritmo non accenna a diminuire con l’arrivo del 2016. Tutta l’attenzione è puntata su Crispr/Cas9, un termine incomprensibile che i ricercatori chiamano più semplicemente “crisper”. Una tecnica giovanissima, messa a punto solo nel 2012, con una potenzialità e versatilità fino a ieri inimmaginabili: qualunque tipo di cellula vegetale, animale, inclusa quella umana, può essere modificata geneticamente e la correzione può avvenire ovunque nel genoma.

Queste sono le caratteristiche del rivoluzionario “taglia e cuci genetico” che da oltre un anno entusiasma e scuote la comunità scientifica. Queste formidabili “forbici molecolari” non sono state progettate e create dalla mente dei ricercatori bensì derivano da un meccanismo di difesa che i batteri hanno da sempre utilizzato per proteggersi dai virus. Quando è attaccato dall’ospite indesiderato, il batterio riconosce il Dna virale, lo taglia e lo mette così fuori uso.

Questo meccanismo prende il nome di Crispr/Cas9. L’acronimo sta per “Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats” (sequenze geniche che si ripetono) cui sono associati dei geni Cas (Crispr associated) che codificano degli enzimi capaci di tagliare il Dna. Il sistema di difesa batterico è semplicissimo e si basa sulla combinazione di pochi elementi: la proteina Cas9 e un Rna guida che si appaia al Dna del virus per indicare all’enzima il pezzo da tagliare. Il risultato del meccanismo è la rottura del genoma virale e la sua messa ko.

Ed è a questo punto che entra in gioco l’inventiva umana: e se agli elementi base si aggiunge un frammento di Dna, del tutto affine a quello bersaglio ma con delle modifiche ad hoc che si vogliono introdurre, che succede? Il risultato non è più una semplice rottura bensì la sostituzione di una sequenza di Dna con una nuova. È così che questa “forbice molecolare potenziata” diventa uno strumento di grande precisione per eliminare tratti di Dna difettosi o indesiderati e sostituirli con tratti integri o desiderati. Se il Dna è un codice, ovvero nient’altro che una serie d’istruzioni, allora queste istruzioni possono essere modificate e riprogrammate. Con il termine “editing” gli scienziati descrivono proprio questo, la possibilità di modificare e correggere le parole che si trovano all’interno del libretto di istruzioni di ogni organismo vivente.

Il modello T della genetica
La nascita dell’ingegneria genetica risale agli anni Settanta, quando gli scienziati hanno imparato a tagliare il Dna con gli enzimi di restrizione (sempre di origine batterica) e per la prima volta hanno preso coscienza della reale possibilità di manipolare il codice genetico. Certo, allora gli strumenti a disposizione erano veramente primordiali e le modifiche genetiche erano assolutamente grossolane. Adesso la terapia genica ha fatto passi da gigante, esistono nuove cure grazie a “geni sani” veicolati nell’organismo, ma le modifiche non avvengono sempre con precisione e le tecniche utilizzate sono ancora molto complesse e costose. In questo Crispr è una tecnica rivoluzionaria, perché è universale (funziona dai batteri all’uomo), precisa (permette di riscrivere il Dna stesso dell’organismo inserendo i geni nei luoghi specifici e ripristinando la loro corretta espressione), facile (non ci vogliono grandi competenze) ed è molto economica (l’intero processo di editing genomico viene a costare circa 30€). Con un investimento irrisorio e le competenze di un dottorando Crispr è alla portata di ogni laboratorio. «Crispr è il modello T della genetica», è il commento di un articolo di approfondimento scientifico pubblicato a novembre su The New Yorker riferendosi alla rivoluzionaria autovettura Ford Model T uscita all’inizio del Novecento, che ha trasformato l’automobile da oggetto misterioso riservato a una ristretta elite in un bene di consumo di massa: «il modello T non è stata la prima auto, ma ha cambiato per sempre il modo di guidare, lavorare e vivere», scrive The New Yorker.

Genealogia di una rivoluzione
Crispr è il frutto del lavoro dei laboratori di Jennifer Doudna, dell’Università della California a Berkeley, e di Emmanuelle Charpentier, dell’Helmotz Centre for Infection Research. Nel 2012 hanno dimostrato per la prima volta la possibilità di utilizzare il sistema batterico per tagliare il Dna in punti specifici. Da subito la tecnica ha mostrato dei limiti nell’efficacia di applicazione in alcune specie e dei rischi di eventi “off target”, ovvero tagli non previsti in punti non desiderati del Dna.

Nel 2013 un gruppo di ricercatori guidati da Feng Zhang, del Broad Institute di MIT e Harvard, ha modificato l’enzima Cas9 creandone una versione molto più precisa e ha messo a punto l’utilizzo di Crispr in cellule umane. Dopo questi studi pionieristici si è scatenato un fervente susseguirsi di sperimentazioni su piante, animali fino ad arrivare all’uomo, che ha catapultato l’editing genomico al centro dell’attenzione.

Nel 2013 gli scienziati hanno cominciato ad utilizzare Crispr per creare piante, quali grano, soia e riso, resistenti ai cambiamenti climatici, insetti o malattie. Viene subito da pensare ai tanto discussi Ogm, ma non è la stessa cosa. Nel caso degli Ogm il gene aggiunto viene inserito all’interno del genoma in posizioni casuali e accompagnato da sequenze virali o batteriche che ne regolano l’espressione. Con Crispr la tecnica è molto più raffinata, precisa e controllata. Passando agli animali, l’utilizzo dell’editing genetico permette di creare importanti modelli su cui studiare le patologie umane. Nel 2014 sono stati effettuati i primi esperimenti sulle scimmie: un gruppo di ricercatori ha modificato lo sviluppo neurologico di alcuni macachi per studiare malattie quali l’autismo e l’Alzheimer. Un’altra importante risorsa è la creazione di animali ad hoc per gli xenotrapianti. Finora la ricerca della “coltivazione” di organi in altre specie, come il maiale, per i trapianti umani è stata limitata da due importanti ostacoli: i retrovirus del genoma del suino, trasmissibili agli esseri umani, e il rischio di rigetto. Mediante Crispr, il gruppo di ricerca guidato dal genetista George Church dell’Università di Harvard è riuscito a spegnere 20 geni alla base dei potenziali meccanismi di rigetto e tutte le 62 copie di retrovirus noti nel maiale.

Anche in ambito clinico il nuovo meccanismo di editing punta ad applicazioni entusiasmanti. Nel 2015 l’azienda biofarmaceutica Sangamo Biosciences ha avviato delle sperimentazioni cliniche per valutare l’applicazione di Crispr come potenziale trattamento per l’Hiv. La speranza è che un’infusione intravenosa di linfociti T, le cellule responsabili della risposta immunitaria, modificati possa sostituire la terapia antivirale ora in uso. E per finire in bellezza l’annata, il 31 dicembre sono stati pubblicati su Science tre diversi studi, due dei quali con la collaborazione di Zhang, che dimostrano la potenzialità di Crispr per una possibile futura terapia per la Distrofia muscolare di Duchenne (Dmd), una malattia genetica rara che colpisce tutti i muscoli del corpo e porta a una morte precoce. Lavorando su topi in cui era stata riprodotta la malattia, i ricercatori hanno dimostrato che eliminando una porzione ben precisa di Dna, la parte che contiene la mutazione che causa la patologia, i topi mostrano netti miglioramenti nella funzionalità dei muscoli, compresi quelli respiratori e cardiaci.

Alla radice della malattia
Economico, veloce, preciso, facile da utilizzare. Queste le caratteristiche che stanno facendo di Crispr l’ultima frontiera della medicina.

Ma quali potrebbero essere gli effetti delle alterazioni genetiche indotte con Crispr qualora queste fossero compiute sulle cellule umane germinali, ovvero le cellule riproduttive (ovuli e spermatozoi) che trasmettono l’informazione genetica alle generazioni future, o direttamente sugli embrioni?

Gli esperimenti in tal senso non si sono fatti attendere. Un gruppo di ricercatori cinesi guidato da Junjiu Huang dell’Università Sun Yat-sen di Guangzhou, ha messo in moto le nuove “forbici molecolari” su embrioni umani per modificare il gene della beta-talassemia, una malattia genetica del sangue potenzialmente fatale. Lo studio, pubblicato ad aprile del 2015, ha subito sollevato stupore e proteste, sia per l’aspetto etico sia dal punto di vista dei limiti di Crispr che sugli embrioni non si è dimostrato molto efficace. Infatti, su 86 embrioni manipolati 15 non sono sopravvissuti e solo su 28 sono state eliminate le mutazioni del gene della beta-talassemia. Sono state inoltre rilevate alte percentuali di “off target”, vale a dire che Crispr ha effettuato la sua azione di “taglia e cuci” in diversi punti non desiderati, al di fuori del gene bersaglio, in maniera potenzialmente dannosa.

La comunità scientifica internazionale ha subito puntato il dito contro la Cina, che già in passato ha dimostrato di non badare tanto alla bioetica. Huang si è difeso spiegando che erano stati scelti degli embrioni che, per caratteristiche genetiche, non potevano andare avanti nel loro sviluppo ed essere impiantanti e che lo scopo della ricerca era semplicemente capire le reali potenzialità di Crispr. Ma la sola concreta possibilità di manipolare embrioni umani ha subito acceso la discussione su una tecnologia dalle potenzialità entusiasmanti, ma anche allarmanti, che sta avanzando troppo velocemente.

La frontiera è senza regole
Un quadro normativo sull’editing genomico ancora non esiste e dopo la pubblicazione di Huang la comunità scientifica ha cominciato a correre ai ripari. Su iniziativa delle Accademie di Scienza e Medicina Statunitensi e cinesi e della britannica Royal Society si è svolto, dal 1 al 3 dicembre scorso a Washington, un summit internazionale sull’editing genomico applicato all’uomo. Insieme ai ricercatori pionieri della tecnica Crispr erano presenti scienziati, bioeticisti, giuristi, storici della scienza e associazioni di pazienti provenienti da tutto il mondo. Alcuni erano presenti per chiedere una moratoria, ovvero un blocco temporaneo della ricerca in questo ambito, tra questi anche David Baltimore, premio Nobel nel 1975 e presidente dell’AAAS (Associazione Americana per l’Avanzamento delle Scienze) la più grande società scientifica al mondo, editrice della rivista Science. Dopo tre giorni di consultazioni la dichiarazione finale del summit si è limitata ad asserire l’irresponsabilità dell’utilizzo di Crispr sulla linea germinale o sugli embrioni, e a invitare a procedere con cautela nella ricerca valutando periodicamente il bilancio tra rischi e benefici. Molti scienziati hanno sottolineato l’importanza di non bloccare la ricerca di base, perché grazie a questa sarà possibile studiare a fondo il funzionamento delle nuove straordinarie “forbici molecolari” e capire come poter applicare al meglio la tecnica per la salute dell’uomo. Alcuni scienziati e bioeticisti hanno sottolineato la necessità di aprire il dibattito alla società civile, l’impatto che avrà l’editing genomico in futuro riguarda tutti e pone un vero e proprio problema di democrazia. «Sul dove, quando e come l’editing genomico possa diventare uno strumento utile, la scienza non è la sola a dover dare risposte», ha dichiarato Giuseppe Testa, professore di biologia molecolare all’Università di Milano e del laboratorio di epigenetica delle cellule staminali dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo), che sta partecipando attivamente al dibattito sull’editing.

La corsa all'oro
E tra un dibattito e l’altro, intorno a Crispr si è scatenata anche un’altra bufera: quella della proprietà intellettuale della scoperta scientifica. La battaglia è tra Doudna e Charpentier, le due ricercatrici che per prime hanno dimostrato la possibilità di utilizzare Crispr per l’editing genomico e Zhang che ha ottimizzato il sistema Crispr/Cas9 e lo ha utilizzato per primo nelle cellule umane. Nonostante le due ricercatrici abbiano avviato la procedura di richiesta di brevetto per la nuova tecnica di editing a marzo 2013 e Zhang a ottobre 2013, i diritti di proprietà intellettuale di Crispr sono andati a quest’ultimo. Zhang ha inoltre ottenuto, successivamente, altri brevetti per le diverse versioni di Cas9 messe a punto per aumentare l’efficienza dell’enzima. Doudna e Charpentier hanno avviato una causa per la detenzione del brevetto, nella quale affermano di essere le prime ideatrici della nuova tecnica, d’altra parte Zhang ribatte che il brevetto è suo di diritto perché è stato il primo ad aver saputo applicare efficacemente la tecnica. Proprio in questi giorni lo US Patent and Trademark Office (Uspto), l’ufficio statunitense dei brevetti e dei marchi di fabbrica, ha dichiarato di voler stabilire al più presto chi sarà a raccogliere i frutti dell’innovativa tecnica. Il pasticcio della proprietà intellettuale, però, non ha fermato le aziende farmaceutiche e biotech che hanno già capito che Crispr potrebbe essere una gallina dalle uova d’oro e hanno iniziato la corsa a chi arriverà prima all’applicazione clinica. Gli investimenti sono notevoli e molte startup sono state avviate dagli stessi pionieri di Crispr. Ad esempio, Editas Medicine, cofondata da Zhang e Church, sta portando avanti la ricerca preclinica sulla distrofia di Duchenne e altre malattie, e ha raccolto 120 milioni di dollari da un gruppo d’investitori tra cui spiccano nomi come Bill Gates e Google Ventures. Novartis ha firmato accordi con Intellia Therapeutics e con Caribou Bioscience, entrambe cofondate da Doudna, per la scoperta e lo sviluppo di nuovi farmaci che utilizzano la tecnica Crispr. E anche Bayer ha da poco annunciato che costituirà una joint venture con Crispr Therapeutics, biotech cofondata da Charpentier, investendo almeno 300 milioni di dollari in cinque anni.

È iniziata dunque la corsa all’oro.

E di certo già il 2016 potrà riservarci sorprese e farci intravedere dove potrà portarci l’ultima frontiera dell’ingegneria genetica.