Liste d’attesa in oncologia. Ancora lunga l’«anticamera»

   Sportello Cancro, Maria Giovanna Faiella, 02/02/2016

ACETI: «RITARDI INAPPROPRIATI E GRAVISSIMI»
Aumentano le segnalazioni di disservizi al Tribunale del malato. Tempi eccessivi per una visita e lo stesso vale per esami essenziali alla diagnosi, cure e operazioni


Nel 2014 sono aumentate le segnalazioni al PiT salute del Tribunale dei diritti del malato, da parte di cittadini allarmati per i lunghi tempi di attesa nell’area oncologica. «Il tumore non aspetta - sottolinea Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva -. Sono ritardi inappropriati e gravissimi quelli che si registrano in un settore in cui le possibilità di successo dipendono da tempestività e accuratezza nella gestione del percorso di diagnosi e cura». «Di fronte agli straordinari progressi scientifici e terapeutici che permettono di guarire e salvare vite, - incalza Aceti - è inaccettabile dover rinunciare per problemi di inefficienze, disorganizzazione o tagli».

Percorsi a ostacoli
Ma per chi ha una malattia oncologica non esiste una corsia “preferenziale” nell’accesso alle prestazioni? In attesa del nuovo Piano nazionale di governo delle liste di attesa, già quello del 2010-12 prevedeva l’attivazione, dopo la prima visita, di un percorso diagnostico-terapeutico (Pdt) per i malati oncologici, con tempi massimi per le diverse fasi di cura, stabiliti in base all’aggressività del tumore, al rischio di una sua rapida evoluzione, al quadro clinico. «Nonostante questo, accade ancora che i pazienti debbano affrontare percorsi frammentati, che diventano addirittura “a ostacoli” in alcune aree del Paese - sottolinea Aceti - . In alcuni casi, per esempio, si è costretti a rincorrere i diversi professionisti nelle varie fasi dell’assistenza, come pure s’incontrano difficoltà per avere la documentazione necessaria per iniziare un ciclo di chemioterapia o radioterapia. I percorsi diagnostici-terapeutici e le “reti” oncologiche non possono rimanere solo sulla carta».

Reparti poco sicuri
La buona riuscita di un intervento chirurgico dipende anche dal numero di operazioni eseguite dalla struttura ospedaliera in un anno, come dimostrano le evidenze scientifiche. Dal Programma nazionale esiti 2015 di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), emerge che sono ancora troppi i reparti oncologici dove si eseguono pochi interventi in un anno, quindi al di sotto delle soglie di sicurezza fissate da Linee guida internazionali. Per esempio, nel 2014 per gli interventi di cancro al colon solo il 29% delle strutture ospedaliere ha superato la soglia minima prevista di 50 ricoveri l'anno. Ancora: in caso di intervento chirurgico per tumore allo stomaco, la mortalità a 30 giorni dopo l'operazione diminuisce decisamente dove si effettuano 20-30 interventi l'anno. Ebbene, nel 2014 appena il 30% degli ospedali italiani ha fatto registrare più di 20 ricoveri in un anno.

Viaggi della speranza
Secondo i dati del «Rapporto Sdo» del Ministero della Salute sull'attività di ricovero ospedaliero relativa al primo semestre 2015, continuano i "viaggi della speranza", soprattutto dal Sud verso il Nord, ma anche tra regioni confinanti. Nei primi sei mesi del 2015 è aumentata - rispetto all'anno precedente - la mobilità interregionale sia per la chemioterapia in regime di ricovero ordinario sia per la radioterapia in regime diurno. «L'oncologia è tra le principali aree di mobilità sanitaria segnalate dai cittadini al PiT Salute - conferma Tonino Aceti -. Pazienti già provati dalla malattia sono costretti a fare diversi chilometri anche nella propria regione per accedere ai centri per la chemioterapia e la radioterapia; oppure migrano dal luogo di residenza principalmente per i tempi di attesa eccessivamente lunghi, oppure per trovare fuori regione cure di qualità, specie nei casi più difficili. Con disagi, anche economici, per loro e i familiari che li accompagnano. Sono livelli essenziali di assistenza "occulti" di cui si fanno carico le famiglie».

Rimborsi a macchia di leopardo
In questi casi è prevista qualche forma di sostegno? «La copertura dei costi per trasporto e soggiorno, per paziente e/o accompagnatore, avviene a macchia di leopardo - precisa Aceti -. Ci sono Regioni che rimborsano un importo fisso oppure in base al reddito, in alcuni casi solo per il malato, in altri anche per chi lo accompagna. Coi tagli in sanità, però, sono sempre più compressi i budget dedicati». A seconda del tipo di invalidità riconosciuta, i malati oncologici possono aver diritto all'indennità di accompagnamento anche per periodi brevi, quando seguono un trattamento chemioterapico o radioterapico particolarmente debilitante ed è necessaria l'assistenza continua di un accompagnatore per svolgere gli atti quotidiani della vita. Ma, denuncia Aceti: «Le procedure per il riconoscimento dello stato di invalidità e di handicap sono ancora lente, fin dall'inizio del percorso».