Chemio o no? Decisioni sempre più precise grazie al test genomico

   Saluteseno.it, Letizia Gabaglio, 06/06/2016

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I dati presentati ad Asco confermano l’affidabilità di Oncotype DX nel predire il rischio di recidive. Ed evitare quindi, dove indicato, la chemioterapia. Sono oltre 50mila le pazienti arruolate in studi prospettici, e più di 600 mila quelle che hanno utilizzato il test

Un test capace di predire accuratamente i risultati clinici. I dati presentati al Congresso americano di Oncologia Clinica (Asco) confermano l’affidabilità di Oncotype DX, l’unico test multigenico per il cancro al seno ormai messo alla prova con studi prospettici su oltre 50mila pazienti. I risultati dell’European PlanB, uno degli studi prospettici più ampi che indaga la terapia adiuvante nelle donne con tumore del seno, mostrano che le pazienti con un Breast Recurrence Score basso (l’indice con cui il test genomico classifica il rischio di ricorrenza), anche se trattate con terapia ormonale – e non con chemioterapia – sopravvivono al 99%. Il test è pensato proprio per questo: indicare l’opportunità di evitare le terapie più pesanti quando il rischio di recidiva è basso e quindi l’aggiunta dei farmaci chemioterapici non da un effettivo beneficio in termini di sopravvivenza, mettendo però a dura prova l’organismo.

Lo studio è stato condotto in 93 centri tedeschi e ha coinvolto 3100 pazienti candidate a ricevere chemioterapia secondo i parametri tradizionali, come i linfonodi positivi (fino a tre). Le partecipanti sono state classificate nuovamente alla luce dei risultati del Oncotype DX Breast Recurrence Score per capire se, nonostante l’alto rischio clinico, fosse possibile evitare la chemioterapia adiuvante. “Questo nuovo studio dimostra che il punteggio basso dato dal test identifica pazienti a cui può essere risparmiata la chemioterapia senza compromettere il risultato finale”, ha detto Nadia Harbeck, direttore scientifico e a capo del centro per il tumore al seno dell’Università di Monaco, in Germania. Un risultato importante soprattutto per le donne che, secondo i parametri tradizionali, sono considerate a rischio moderato, per cui è maggiore l’incertezza e per cui il test fornisce un ulteriore elemento di valutazione.

I risultati presentati a Chicago confermano quanto già visto nello studio TAILORx, pubblicato sul The New England Journal of Medicine, che ha valutato una popolazione di donne con linfonodi negativi, nonché i risultati del registro SEER, l’archivio che contiene dati di incidenza e sopravvivenza del 30% dei pazienti statunitensi, anch’essi presentati durante Asco. In particolare l’analisi del registro ha messo in evidenza che nelle donne con linfonodi positivi, il Breast Recurrence Score aggiunge valore prognostico indipendente per la sopravvivenza a 5 anni sia per pazienti con micrometastasi sia per pazienti con uno, due o tre linfonodi interessati. Nella popolazione con linfonodi negativi, invece, è stato osservato che le pazienti anziane con Breast Recurrence Score intermedio hanno percentuali di sopravvivenza inferiori alla media. Infine, l’uso del test nella pratica clinica è risultato essere fortemente dipendente da diversi fattori socioeconomici, soprattutto dall’età e dall’area geografica. In generale, circa il 40-50% della popolazione che avrebbe potuto avvalersi del test lo ha effettivamente fatto.

Da quando è stato introdotto, nel 2004, il numero delle pazienti che hanno usato Oncotype DX è di circa 600 mila.


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