Radioterapia al seno, ipofrazionata è meglio

   Salute seno, Tiziana Moriconi, 12/09/2016

In molti casi, per le donne con un tumore al seno in stadio iniziale è possibile eseguire questo regime, che prevede circa la metà delle sedute

Quando il tumore al seno è diagnosticato in fase precoce è spesso possibile effettuare un intervento conservativo, chiamato quadrantectomia, che consiste nel rimuovere solo la piccola parte della mammella in cui è presente il nodulo. E di prassi, dopo l'operazione, si esegue la radioterapia (detta adiuvante) su tutto il seno, per uccidere eventuali cellule maligne rimaste e ridurre così il rischio di recidive e metastasi. Senza la radioterapia, infatti, vi è un aumento significativo delle probabilità che la malattia comparirà di nuovo.

Di radioterapia, però, non ce n'è una sola: nella pratica clinica si incontrano infatti diversi regimi. Ora, una revisione della Cochrane Collaboration (un organo di ricerca in medicina indipendente) ha cercato di fare un po' di chiarezza, in particolare sull'efficacia e la sicurezza della radioterapia ipofrazionata, che consiste nell’erogazione di una dose di radiazioni più elevata, ma per un numero inferiore di sedute.

Lo studio. La domanda da cui sono partiti i ricercatori della Cochrane Collaboration è: effettuare un trattamento più breve usando dosi maggiori di radiazioni a ogni seduta (più elevate di 2 gray), è efficace quanto lo schema standard che prevede 25-30 sedute per chi ha un tumore in stadio iniziale? Per rispondere, hanno analizzato nove studi, eseguiti su oltre ottomila donne complessivamente. Il 91% delle pazienti presentava un tumore di dimensioni pari o inferiori ai tre centimetri, nel 68% dei casi non vi era compromissione dei linfonodi.

I risultati della meta-analisi ci dicono che la risposta alla domanda iniziale è sì: negli studi considerati, la radioterapia ipofrazionata eseguita al posto di quella standard non ha influito negativamente sul rischio di ricaduta. Sono diversi, inoltre, gli aspetti positivi: inferiore tossicità, migliore cosmesi e migliore qualità di vita per le pazienti.

“Questa revisione fornisce una ulteriore conferma dell'efficacia e della sicurezza della radioterapia ipofrazionata adiuvante sulla mammella dopo chirurgia conservativa”, commenta Umberto Ricardi, direttore del Dipartimento di Oncologia e della Radioterapia universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino, nonché Presidente eletto della Società europea di radioterapia ed oncologia (ESTRO). “Garantisce gli stessi risultati clinici in termini di controllo del tumore, diminuisce la tossicità cutanea acuta e migliora significativamente la compliance al trattamento, cioè la possibilità che tutte le donne lo effettuino secondo quanto previsto. Ridurre la durata del trattamento da sei a tre settimane (15 o 16 sedute in luogo delle tradizionali 30, ndr.) significa infatti aumentare la percentuale delle pazienti che eseguono la radioterapia postoperatoria dopo chirurgia conservativa, dal momento che in molti casi il trattamento non viene eseguito per difficoltà logistiche, con il conseguente rischio di un aumento delle recidive tumorali. Inoltre, si ottiene un miglior sfruttamento dell’offerta radioterapica, con conseguente riduzione delle liste di attesa. Molte pazienti affette dal tumore della mammella, sebbene non tutte, possono eseguire la radioterapia con questi schemi ipofrazionati, con una scelta che viene fatta sulla base di specifiche informazioni prognostiche. Presso la Città della Salute e della Scienza di Torino, viene eseguito da molti anni un trattamento radioterapico ipofrazionato nelle donne con specifiche caratteristiche cliniche, con eccellenti risultati e con un'ottima risposta delle pazienti”.


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