Cancro al seno avanzato, una nuova terapia aumenta la sopravvivenza

   Salute seno, Tiziana Moriconi, 10/10/2016

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Dall'Esmo in corso a Copenaghen arrivano i dati su ribociclib, un nuovo farmaco in sperimentazione per il carcinoma sensibile agli ormoni. I primi risultati mostrano un aumento del periodo libero dalla malattia del 44% rispetto alla terapia standard



A Copenaghen, all'appuntamento europeo degli oncologi (Esmo, 7-11 ottobre), non si aspetta il farmaco “miracoloso” che guarirà dal tumore al seno metastatico. Si aspettano, invece, nuovi dati e nuove molecole che portino continui miglioramenti. Magari piccoli, ma pur sempre importanti, perché stanno trasformando il cancro in malattia cronica. È già storia: oggi, le donne possono convivere con un tumore al seno in fase avanzata per molti anni, spesso mantenendo una buona qualità di vita. E all'equipaggiamento di cui dispongono per affrontare questa convivenza forzata si sta per aggiungere una nuova “arma”.

Si chiama ribociclib e appartiene a una nuova classe di farmaci che si sta affacciando in questi anni sul mercato per chi ha un tumore al seno avanzato sensibile agli ormoni femminili (e negativo per il recettore 2 del fattore di crescita dell'epidermide umano, Her 2): gli inibitori delle chinasi cliclina-dipendenti (CDK). Le chinasi ciclina-dipendenti sono proteine, e due in particolare – le CDK4 e le CDK6 – aumentano la velocità con cui le cellule tumorali crescono e si dividono. Ecco perché inibirle, bloccando la loro azione, sembra essere una via promettente per rallentare la progressione della malattia.

Lo studio. I dati, per il momento, sono positivi. All'Esmo sono stati presentati i risultati di uno studio di fase tre (Monaleesa-2) guidato da Gabriel Hortobagyi dell'MD Anderson Cancer Center dell'Università del Texas. La ricerca è stata condotta su oltre 600 donne in post menopausa con tumore al seno metastatico: è stata valutata l'efficacia del ribociclib in associazione con il letrozolo (uno standard di cura per queste pazienti, appartenente alla classe degli inibitori della aromatasi). Le donne - con metastasi epatiche e polmonari e che non avevano ricevuto alcuna precedente terapia specifica per la fase avanzata - sono state divise in due gruppi: metà ha assunto la terapia sperimentale (cicli di tre settimane con una settimana di intervallo), l'altra metà ha seguito la monoterapia con il solo letrozolo (letrozolo più placebo). In Italia sono stati coinvolti nella sperimentazione 21 centri per un totale di 32 pazienti.

I risultati. Nelle donne trattate anche con il ribociclib è stato osservato un aumento significativo del periodo libero dalla progressione della malattia: del 44% rispetto alla monoterapia con letrozolo (in cui, in media, c'è stata una ripresa della malattia dopo 14,7 mesi). A distanza di 15 mesi dall'inizio della terapia sperimentale, infatti, il 58% delle pazienti era ancora in trattamento e non aveva avuto una ripresa della malattia. Per circa la metà delle pazienti con metastasi misurabili, inoltre, vi è stata una riduzione media del 30% delle dimensioni. Il farmaco, una compressa orale, appare molto ben tollerato. L'effetto collaterale più importante è un calo dei globuli bianchi, nella maggior parte dei casi lieve e che non ha quasi mai portato a infezioni. Inoltre il livello dei globuli bianchi si ripristina in fretta, non appena si interrompe la terapia, perché non viene compromesso il midollo osseo.

La terapia sperimentale. Per il momento il ribociclib è una terapia sperimentale, perché il farmaco deve essere ancora approvato. Il prossimo anno partirà un nuovo studio “real life” attraverso il quale potrà essere reso disponibile per un numero più ampio di pazienti presso i principali centri oncologici. Intanto, altri studi stanno valutando l'impiego della molecola su donne in premenopausa e combinazioni con altri farmaci, come il fulvestrant.

Una nuova classe di farmaci. Come già ricordato, questa molecola appartiene a una nuova classe di farmaci che rientrano nella categoria di quelli a “bersaglio molecolare” perché colpiscono in modo selettivo determinate proteine. Un farmaco con un simile meccanismo di azione è il palbociclib che ha già dato ottimi risultati (la terapia prevede sempre l'associazione con il letrozolo, e sono in studio altre combinazioni; è disponibile negli Usa, mentre in Italia viene dato solo per uso compassionevole in alcuni poli oncologici per pazienti con almeno tre linee di trattamento alle spalle). C'è, infine, un altro inibitore delle cicline in fase di sviluppo.

“Stiamo assistendo a un cambio di paradigma nel trattamento della fase avanzata del tumore al seno ormono-sensibile”, ha spiegato Michelino De Laurentiis, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Oncologia Senologica dell'Istituto nazionale tumori “Fondazione Pascale” di Napoli: “Oggi disponiamo di un ampio armamentario terapeutico che permette di mantenere la malattia sempre più a lungo sotto controllo, per cui è importante disporre di farmaci a bassa tossicità. Credo che il prossimo futuro sarà contraddistinto dalle associazioni di farmaci a bersaglio molecolare, come questi, e terapie ormonali. Sarà importante individuare la sequenza migliore”.


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