Cancro al seno: un’alterazione genetica alla base della resistenza ai farmaci

   HealthDesk, 25/01/2017

Circa il 15 per cento dei casi di resistenza al trattamento nei tumori al seno positivi ai recettori per gli estrogeni sono causati dall’eccessiva attività di un singolo gene denominato CYP19A1. Si tratta di un gene la cui funzione è la produzione dell’aromatasi, un enzima chiave nella biosintesi degli estrogeni e contro cui sono diretti i farmaci indicati contro questo tumore.

È questo il risultato chiave di uno studio condotto presso l’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con ricercatori dell’Imperial College London e dell’Ospedale Policlinico e dell’Università degli Studi di Milano.

La ricerca è stata pubblicata sulla Nature Genetics.
«Uno dei problemi più importanti nell’utilizzo dei farmaci anticancro è rappresentato dalla comparsa di cellule tumorali resistenti al trattamento», hanno spiegato i due coordinatori dello studio Saverio Minucci e Giancarlo Pruneri, entrambi professori presso l’Università degli Studi di Milano. «L’individuazione dei meccanismi di resistenza del tumore rappresenta un traguardo fondamentale per vincerla, utilizzando nuovi farmaci diretti contro la resistenza, oppure identificando modalità di utilizzo dei farmaci esistenti che possano superarla».

Nello studio i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione alle pazienti con tumore positivo ai recettori degli estrogeni, cercando di capire in che modo si sviluppa la resistenza alla terapia comunemente utilizzata in questo gruppo di pazienti, basata sugli inibitori dell’aromatasi.

Il team ha quindi scoperto che circa in 1 caso su 6, la causa della resistenza è una specifica alterazione genetica (l’amplificazione del gene CYP19A1) che aumenta i livelli intracellulari della molecola-bersaglio di questi farmaci: l’aromatasi.

Lo studio potrà avere un decisivo impatto clinico: attraverso test che misurino le variazioni nella quantità del gene dell’aromatasi sarà possibile verificare se le pazienti con questa forma di tumore mammario abbiano sviluppato questa specifica alterazione; in questo caso, si potranno valutare modalità di trattamento alternative, già disponibili o in via di sperimentazione.

Tuttavia, precisano gli autori, «il test genetico attualmente è a uno stadio non utilizzabile per una diagnosi routinaria. Ha bisogno infatti di essere “irrobustito” e standardizzato, un processo che speriamo di portare a compimento con ulteriori fondi per la ricerca».

La ricerca è stata finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc).


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