Le donne operate di cancro al seno (in fase iniziale) hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto alle sane

   Sportello Cancro, Vera Martinella, 27/01/2017

STUDIO OLANDESE
Analizzati i dati di 10mila pazienti curate tra il 1989 e il 2004: il rischio di morire
(per qualsiasi causa) delle ex-malate con più di 50 anni è più basso del 10 per cento rispetto a quelle che non hanno mai avuto il cancro. I risultati di uno studio olandese

Hanno superato il cancro e le loro prospettive di vita sono persino migliori di quelle delle coetanee che non si sono mai ammalate. L’insolita notizia arriva dal Congresso Europeo sul Cancro in corso ad Amsterdam, dove è stato presentato uno studio olandese i cui esisti hanno messo in luce che le donne ultra 50enni che sono state curate per una forma iniziale di tumore al seno hanno probabilità di vivere più a lungo rispetto alla popolazione generale. I ricercatori del Cancer Institute Olandese hanno analizzato i dati relativi a circa 10mila donne del loro Paese che avevano avuto una diagnosi di carcinoma duttale in situ tra il 1989 e il 2004. Si tratta di una tipologia di cancro mammario nota per essere non invasiva, ovvero che non genera metastasi. Poiché può però, se non adeguatamente trattato, trasformarsi in un tumore invasivo e potenzialmente letale, viene generalmente curato chirurgicamente (quindi asportato), talvolta con l’aggiunta di radioterapia. Gli studiosi hanno spiegato che questa tipologia di tumore è in aumento, perché grazie ai controlli di screening cresce il numero di casi scoperti in fase iniziale.

Partecipazioni allo screening e stile di vita sano
«Abbiamo esaminato le informazioni sulla salute delle pazienti curate per carcinoma mammario per i 10 anni successivi alla scoperta della malattia e confrontato la loro mortalità con quella attesa nella popolazione generale - ha spiegato al convegno Lotte Elshof, medico e epidemiologa del Cancer Institute Olandese -. Ne è emersa un’informazione molto rassicurante per le ex-pazienti: il rischio di morire (per qualsiasi causa) delle ex-malate con più di 50 anni è più basso del 10 per cento rispetto alle donne sane, che non hanno mai avuto il cancro. Può sembrare sorprendente, ma si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di persone che avevano scoperto il tumore partecipando ai controlli di routine con la mammografia organizzati proprio tra i 50 e i 70 anni. Quindi persone che si preoccupano della propria salute, che con lo screening si sono salvate e che, molto probabilmente, prestano un’attenzione maggiore al loro stile di vita». Nello specifico, le probabilità di decesso sono risultate minori soprattutto per altri tumori, patologie dell’apparato cardiocircolatorio, respiratorio e digestivo.

I possibili danni della radioterapia sul cuore
«La diagnosi di carcinoma duttale in sito fa spesso paura - ha commentato Philip Poortmans, presidente del convegno e direttore della Radioterapia alla Radboud University -, perché affrontare il cancro fa sempre temere per la propria vita. Questa notizia è molto incoraggiante per le migliaia di donne che ogni anno devono confrontarsi con questa scoperta. In particolare è buona l’informazione legata alle patologie cardiache: molte pazienti fanno radioterapia sui tessuti mammari e le radiazioni potrebbero danneggiare le strutture cardiache adiacenti. Sapere che il rischio di morire per malattie cardiovascolari non è elevato, anzi inferiore alla media, offre un’importante rassicurazione.Tuttavia - ha concluso Poortmans -, dobbiamo riconoscere che analizzando i decessi emerge anche che un quinto delle morti è avvenuto a causa del cancro al seno, per l’evoluzione del carcinoma duttale in una neoplasia più aggressiva. È importante sottoporsi sempre tempestivamente alle terapie». Il team di ricercatori ha iniziato una collaborazione internazionale con colleghi americani e inglesi per ampliare la raccolta dati su un numero più vasto di persone, anche per capire meglio i motivi che portano alcuni carcinomi in situ a progredire e poter scegliere meglio i trattamenti necessari a chi è più in pericolo di ricadute o di progressione della malattia verso una forma più aggressiva.


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