Terapie interrotte: servono più informazione e supporto
18 gennaio 2017 Salute seno, Marta Impedovo, 10/01/2017
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Uno studio sul tamoxifene mostra che sintomi come nausea e vomito spingono spesso le donne a interrompere la terapia ormonale, anche quando il farmaco non ne è la causa
Un terzo delle donne che cominciano una terapia ormonale per il cancro al seno a base di tamoxifene non porta a termine la cura a causa degli effetti collaterali del farmaco. È il risultato emerso durante uno studio internazionale condotto dall’Università di Leeds e dall’Università Queen Mary di Londra e presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium 2016.
SE LA CAUSA NON E' IL FARMACO. Il gruppo di ricerca ha notato come le donne con sintomi come nausea e vomito abbandonassero più frequentemente la terapia. La decisione di interrompere il trattamento, tuttavia, era spesso dettata da sintomi confusi per effetti collaterali del tamoxifene, ma in realtà causati da altro. Infatti, ad abbandonare la cura non erano solo le donne sottoposte a terapia ormonale, ma anche coloro che al posto del farmaco assumevano un placebo e che soffrivano comunque degli stessi sintomi. Risultati che dimostrano come i benefici di una terapia ormonale preventiva paghino talvolta il prezzo di una cattiva informazione o di una decisione non condivisa.
IL TAMOXIFENE. Questo farmaco viene spesso raccomandato a donne non ancora in menopausa, dopo l’intervento chirurgico, la radio o la chemioterapia per ridurre la probabilità che la malattia si ripresenti o compaia nell’altro seno. Nelle donne ad alto rischio, la terapia preventiva a base di tamoxifene appare ridurre l’incidenza del tumore al seno del 30% e l’effetto può durare fino a 20 anni. Ma perché abbia efficacia, il tamoxifene deve essere assunto quotidianamente per circa cinque anni: se interrotto, l’effetto benefico rischia di essere vanificato.
PIÙ INFORMAZIONE E SUPPORTO ALLE PAZIENTI. I risultati dello studio mostrano che il picco di interruzioni si verifica nei primi 12 mesi dall’inizio della terapia ormonale. “Il picco di abbandono della terapia nella prima fase dello studio mostra che le pazienti hanno bisogno di più supporto per comprendere e gestire le conseguenze negative che potrebbero essere causate dal tamoxifene – spiega Samuel Smith, uno degli autori dello studio – I nostri risultati hanno ricadute sul modo con cui i medici parlano alle pazienti dei benefici e degli effetti collaterali delle terapie preventive. È importante gestire le aspettative e dare informazioni accurate sulla possibilità di avere effetti specifici causati dal farmaco e su come questi si distinguano da sintomi che si manifesterebbero comunque”.
“Se da un lato farmaci come il tamoxifene possono abbattere il rischio di sviluppare la malattia, dall’altro è pur vero che possono avere pesanti effetti collaterali - conclude Sarah Williams del Cancer Research Uk, ente che ha finanziato lo studio: “Ricerche come questa servono a comprendere meglio i sintomi e le decisioni che sono spinte a prendere”.
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