Tumore al seno, farmaco «troppo caro»: il servizio sanitario inglese non lo rimborsa (e scoppia la rivolta)

   Sportello Cancro, Vera Martinella, 24/01/2017

GRAN BRETAGNA
Prolunga in media di 9 mesi la sopravvivenza di malati gravi, ma secondo le autorità i benefici non ne giustificano il prezzo elevato. L’esperto: «In Italia è disponibile e il nostro Servizio sanitario è tra i migliori, ma il problema esiste e rischia di esplodere»


Costa troppo e per questo le donne inglesi malate di tumore al seno metastatico non lo potranno utilizzare. Un farmaco anticancro, indicato per gli stadi più avanzati della malattia e in grado di prolungare in media di 9 mesi la sopravvivenza, è al centro delle polemiche in Gran Bretagna. Da un lato il Nice (il corrispettivo della nostra Aifa, l’Agenzia del farmaco) ha decretato che 90mila sterline, ovvero quasi 105mila euro, all’anno per paziente sono una spesa troppo elevata in rapporto al beneficio che se ne può trarre. Dall’altro c’è il mondo dei pazienti e delle associazioni oncologiche, che protestano e sottoscrivono petizioni contro l’autorità regolatoria nella speranza di ottenere un’inversione di marcia.

Il farmaco al centro delle polemiche da noi è disponibile
La vicenda è stata segnalata sui media britannici e riguarda un medicinale che viene utilizzato anche in Italia, rimborsato dal nostro Servizio sanitario nazionale, trastuzumab emtansine (nome commerciale Kadcyla), prodotto da Roche. Come riportato da Aifa, nel nostro Paese questo farmaco è approvato e indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da tumore mammario HER2-positivo, inoperabile, localmente avanzato o metastatico, sottoposti in precedenza a trattamento con trastuzumab e un taxano, somministrati separatamente o in associazione. I pazienti devono essere stati sottoposti in precedenza a terapia per la malattia localmente avanzata o metastatica, oppure aver sviluppato recidiva di malattia nel corso della terapia adiuvante o entro sei mesi dal suo completamento.

Medicinale per una forma di cancro al seno aggressiva
Oggi sappiamo che non esiste un solo tipo di tumore al seno, ma una famiglia di tumori molto eterogenei tra di loro. Ne sono stati identificati diversi sottotipi e oggi se ne classificano almeno quattro: tumori triplo negativi, HER2-positivi, luminal A e luminal B. «Ogni sottogruppo viene trattato in maniera diversa - spiega Massimo Di Maio, direttore dell’Oncologia all’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino e professore associato di Oncologia Medica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università degli Studi di Torino -. Trastuzumab emtansine viene impiegato contro per quello che fino a 15 anni fa era considerato il tipo peggiore, quello HER2-positivo, contro il quale non avevamo cure efficaci. Oggi, invece, è quasi il contrario: abbiamo diversi farmaci che possiamo somministrare in sequenza uno dopo l’altro, allungando la sopravvivenza di pazienti che non hanno più la possibilità di guarire. Quello in questione è un anticorpo-farmaco coniugato mirato, in pratica ha il potere “distruttivo” della chemioterapia ma riesce a colpire soltanto le cellule cancerose e risparmiare quelle sane».

«I benefici che porta non ne giustificano il prezzo»
Il Nice, che valuta i farmaci che verranno dispensati dal servizio sanitario britannico, aveva già escluso questo medicinale dalla lista dei rimborsati perché «i benefici che porta non ne giustificano il prezzo», ma le circa 1.200 pazienti che ne hanno bisogno ogni anno riuscivano ad ottenerlo attraverso uno specifico Fondo per i Farmaci Oncologici, una sorta di “budget extra” creato appositamente dal governo anglosassone per poter dispensare gratis ai malati di cancro alcuni medicinali giudicati particolarmente importanti. Ma il Fondo non basta, ha superato i limiti previsti ed è ora stato sottoposto al controllo del Nice, che sta riesaminando le varie terapie incluse e ha deciso di escludere dalla lista Kadcyla, che non verrà più rimborsato dal prossimo giugno.

Decisione britannica non definitiva e i pazienti chiedono trattative
«La realtà che il prezzo di questo farmaco è troppo alto per i benefici che porta, pur tenendo conto dei criteri di fine vita e dei diritti dei malati in questa fase delicatissima» ha detto Carole Lodgson, direttrice del Centro di Valutazione del Nice. La decisione dell’autorità, che spera in un abbassamento del prezzo da parte di Roche, non è ancora definitiva e la principale charity del Regno Unito, Breast Cancer Now, ha lanciato una petizione contro la decisione e sostiene in maniera massiva un appello a Nice e azienda farmaceutica perché trovino un accordo: «Si guadagnano in media nove mesi di vita - ha sottolineato Delyth Morgan, direttrice dell’associazione -. Nove mesi sono preziosi per chi ha una malattia “terminale”, significano poter vedere il primo giorno di scuola di un figlio, partecipare a un matrimonio o un compleanno. E farlo con minori effetti collaterali rispetto a quelli di altri farmaci».

Italia, tra ritardi e inaccettabili differenze tra regioni
«Il Nice è molto severo nei suoi criteri di farmaco-economia - commenta Massimo Di Maio, che è anche consigliere nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica -, d’altro canto il costo elevato dei nuovi farmaci è un problema diffuso, che riguarda anche il nostro Paese. È un tema caldo: far quadrare i conti fra soldi ed etica non è semplice, mentre il numero dei malati cresce insieme al prezzo delle cure più innovative. È un problema emotivo che noi oncologi conosciamo bene, sulla pelle nostra e dei nostri pazienti: sapere che esiste una terapia efficacia, ma non poterla prescrivere o ricevere perché non viene rimborsata è terribile. Il timore che presto non si riuscirà più a curare gratuitamente tutti i malati di cancro, offrendo a ognuno le migliori e più innovative terapie, è una realtà anche italiana, anche se da più parti il nostro Servizio sanitario viene elogiato come uno tra i migliori e più efficienti al mondo. «Per ora da noi la situazione non è drammatica e i medicinali innovativi arrivano - conclude Di Maio -, ma c’è spesso un’attesa molto lunga. Noi oncologi insieme alle associazioni di pazienti abbiamo denunciato più volte i ritardi nell’arrivo dei nuovi farmaci anticancro che possono richiedere fino a tre anni di passaggi burocratici con discriminazioni che colpiscono i malati semplicemente in base alla loro regione di residenza. E abbiamo lanciato la proposta del Fondo Nazionale per l’Oncologia dedicato a sostenere le spese dei nuovi medicinali oncologici, recuperando un centesimo per ogni sigaretta venduta in Italia». La questione è aperta, la soluzione ancora da trovare.


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