Tumore al seno in aumento: 2mila casi in più in un anno

   Saluteseno.it, Tiziana Moriconi, 13/03/2017

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50 mila casi in totale nel 2016, contro i 48 mila del 2015. La mortalità è in diminuzione, ma ancora il 45% delle donne non partecipa allo screening


Nel 2015 erano stati circa 48 mila, ma per il 2016 si parla di 50 mila. Duemila in più. Numeri che fanno del tumore al seno la neoplasia più diffusa in assoluto tra la popolazione italiana. Il dato positivo, però, è che la mortalità continua a diminuire, soprattutto nella fascia d’età compresa fra 50 e 69 anni (-1,9% ogni anno), a cui è indirizzato lo screening mammografico nazionale. È la dimostrazione dell’efficacia di questi programmi, che in quattro regioni stanno coinvolgendo anche le donne a partire dai 45, dal momento che esiste l'evidenza scientifica dell'efficacia dello screening mammografico anche in questa fascia di età.

Sopravvivenza superiore alla media europea. “In media, il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, nel 2016 ha raggiunto l’85,5%”, sottolinea Stefania Gori, Direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale Don Calabria Negrar di Verona e Presidente Eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), al convegno Breast Journal Club - l’Importanza della Ricerca in Oncologia, che si è tenuto tra il 10 e l'11 marzo a Napoli, e che ha visto riuniti alcuni dei maggiori esperti nel campo del cancro al seno: "Come per altre neoplasie - specifica Gori - si tratta di un dato superiore alla media europea, che si ferma invece all’81,8%. Siamo quindi di fronte all’ennesima dimostrazione dell’ottimo livello raggiunto dall’oncologia italiana che riesce a primeggiare nel Vecchio Continente nonostante sprechi, disorganizzazioni e lungaggini burocratiche che ancora contraddistinguono il nostro sistema sanitario nazionale”.

La regola generale è che prima si scopre il tumore, meglio è. In molti casi infatti - sebbene, ed è importante ricordarlo, non in tutti - più il tumore è in stadio iniziale, più alte sono le probabilità di sopravvivenza. Uno dei problemi è che il 45% delle italiane in età di screening non esegue la mammografia ed esistono forti differenze tra le varie Regioni: “Qui in Campania - continua Gori – si registra una delle percentuali più basse di adesione e ben il 63% delle donne non esegue questo test salvavita. Rinnoviamo quindi il nostro appello affinché tutta la popolazione partecipi ai programmi di prevenzione secondaria del cancro”.

L'innovazione delle nanotecnologie. “Oggi, rispetto a soli pochi anni fa, conosciamo meglio i meccanismi biologici che sono alla base dei tumori”, spiega Michele De Laurentiis, direttore U.O.C. Oncologia Senologica dell’Istituto Pascale di Napoli: “Le terapie sono sempre più mirate contro le cellule cancerogene e meno tossiche per il resto dell’organismo. Questi farmaci innovativi si aggiungono alle varie armi già a disposizione dell’oncologo, come chemioterapia, radioterapia o ormonoterapia”. Tra le nuove armi a disposizione, ve ne sono alcune che sfruttano le nanotecnologie. “Per migliorare l’indice terapeutico dei taxani, che sono lo standard di cura nel trattamento del tumore della mammella, infatti, è stata utilizzata una tecnologia all’avanguardia: la nanotecnologia”, continua De Laurentiis: “In particolare, nab-paclitaxel è un farmaco che ha evidenziato un miglioramento della sopravvivenza del 20%. Sfruttando le proprietà di trasporto naturale dell’albumina, il farmaco viene trasportato direttamente al tumore. Piccolissime particelle, di questa proteina, vengono legate a paclitaxel in una forma solubile e iniettabile. Attualmente nab-paclitaxel è utilizzato nel trattamento del cancro del seno, pancreas e polmone”.

L'ostacolo della burocrazia. “Questi risultati sono ottenuti grazie alla ricerca scientifica – sottolinea Sabino De Placido Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Federico II di Napoli. “In Italia negli ultimi dieci anni sono state svolte 230 sperimentazioni cliniche in ambito oncologico. Ciononostante, il sistema di ricerca nel nostro Paese è fortemente limitato da alcuni eccessi burocratici. Per esempio, occorrono 17 settimane per avviare uno studio clinico mentre nel Regno Unito ne bastano cinque. Inoltre, nella Penisola, sono attivi 96 Comitati Etici che devono esprimere un parere sulle sperimentazioni. Seppur in riduzione il loro numero è ancora il doppio rispetto alla media del Vecchio Continente. È quindi necessario rivedere le norme che regolano questo particolare ambito della medicina e, al tempo stesso, favorire il più possibile la ricerca clinica indipendente attraverso nuovi investimenti pubblici”.

Le migrazioni sanitarie. “Esistono inoltre forti differenze tra le varie Regioni - conclude De Laurentiis: “Ancora troppi italiani malati di cancro si spostano dal Sud al Nord per ricevere cure e assistenza. Questo avviene nonostante nel Mezzogiorno siano attivi alcuni centri di assoluta eccellenza. Una possibile soluzione a questo problema può essere la realizzazione e attivazione delle Reti Oncologiche Regionali e la definizione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali”.


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