L'immunoterapia è più efficace se i farmaci epigenetici vengono in aiuto

   www.healtdesk.it, 05/06/2019

Nei pazienti con melanoma la sequenza di guadecitabina e ipilimumab (il primo un agente ipometilante, il secondo un immunoterapico) migliora la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare le cellule tumorali.

A questa evidenza è giunto lo studio NIBIT-M4 presentato al meeting annuale dell'American Association of Clinical Oncology (ASCO) di Chicago dai ricercatori del Centro di Immuno-oncologia (Cio) del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena, diretto da Michele Maio.

Negli ultimi dieci anni l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento dei tumori e alcune neoplasie che non lasciavano scampo oggi possono essere trattate con successo. Ma solo circa il 40-50% dei pazienti risponde a questo genere di cure. Una tra le possibili strategie per aumentare la percentuale di sopravvivenza prevede la somministrazione dell'immunoterapia in combinazione a molecole in grado di modificare le caratteristiche del tumore, con l'obiettivo di renderlo maggiormente visibile al sistema immunitario. Lo studio presentato ad ASCO, una “prima” a livello mondiale, va proprio in quest’ultima direzione.

«I risultati raggiunti – spiega Michele Maio, direttore del Cio di Siena e presidente della Fondazione NIBIT, che ha sostenuto lo studio insieme ad Airc – sono per noi motivo di grande orgoglio in quanto confermano la nostra iniziale intuizione sulla necessità di creare le condizioni affinché gli immunoterapici possano agire al meglio. Quanto ottenuto è perfettamente in linea con i risultati pre-clinici raggiunti negli anni scorsi dai laboratori del nostro Centro. Una dimostrazione di quanto sia fondamentale l’integrazione tra la ricerca di base e quella clinica, sostenute negli anni dalla Fondazione NIBIT e dalla Fondazione Airc».

Lo studio, iniziato nel 2015, ha coinvolto 19 pazienti con melanoma metastatico e ha innanzitutto raggiunto l’obiettivo di dimostrare la sicurezza e la tollerabilità della sequenza di somministrazione dei due farmaci. Dalle analisi è anche emerso che nel 42% dei pazienti si è verificato un controllo della malattia e nel 26% dei casi una risposta obiettiva al trattamento.

«Questi dati – spiega Anna Maria Di Giacomo, coordinatrice della ricerca clinica del Cio e Principal Investigator dello studio – ci indicano che siamo sulla buona strada. La somministrazione sequenziale di un agente ipometilante e dell’immunoterapico è un trattamento fattibile e complessivamente ben tollerato, che può migliorare l’efficacia dell’immunoterapia».

Le modifiche generate da guadecitabina nel Dna delle cellule tumorali, precisa Alessia Covre, coordinatrice della ricerca pre-clinica del Cio al Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e coautrice dello studio, «fanno sì che le cellule tumorali esprimano, sulla propria superficie, molecole che hanno un ruolo fondamentale nell'interazione tra tumore e sistema immunitario. Così il tumore risulta maggiormente visibile agli “occhi” alle cellule del sistema immunitario del paziente e la guadecitabina crea le condizioni ottimali per fare in modo che i farmaci immunoterapici somministrati successivamente possano avere maggiore efficacia».


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