Coronavirus, che cosa devono fare i malati di tumore: tutte le precauzioni

   Corriere della Sera, Sportello Cancro, Vera Martinella, 02/03/2020

I CONSIGLI DELL’ESPERTO
«La prudenza è d’obbligo, specie per chi vive al Nord o ci va per fare visite e controlli». I consigli di Saverio Cinieri, presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica


Uno dei morti registrati ad oggi in Italia per malattia da coronavirus (Covid-19) riguarda una paziente oncologica, una signora di 68 anni della provincia di Cremona deceduta domenica 23 febbraio all’ospedale di Crema. I medici hanno spiegato che la donna aveva un quadro clinico molto compromesso: era ricoverata nel reparto di oncologia con una diagnosi di cancro, aveva avuto un attacco cardiaco e, in seguito a una crisi respiratoria, era stata trovata positiva anche al coronavirus.

3 milioni e mezzo di malati
Una notizia che ha comprensibilmente angosciato i quasi 3 milioni e mezzo di italiani che vivono dopo la diagnosi di tumore e i loro familiari. «La parola d’ordine è sempre la stessa: niente panico - sottolinea Saverio Cinieri, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) -. La prudenza, però, è d’obbligo. Soprattutto per tutte le persone che sono più fragili, quali gli anziani e quelle che già soffrono di malattie “importanti”, quali ad esempio tumori, diabete, patologie cardiologiche».

Perché i malati di tumore sono più fragili?
«I pazienti oncologici sono particolarmente delicati perché hanno le difese naturali ridotte per svariati motivi che vanno dalla malattia stessa, agli effetti collaterali delle terapie (a causa ad esempio di deperimento, deficit immunologici, leucopenia indotta dai trattamenti) e, quindi, a maggior rischio di andare incontro sia a sindromi influenzali che alle loro complicanze - risponde Cinieri, che è anche primario del reparto di Oncologia dell’ospedale Perrino di Brindisi -. Per questo oncologi e autorità sanitarie consigliano da molti anni che i malati di tumore, come anche le persone che stanno loro vicine, si sottopongano alla vaccinazione antinfluenzale ogni anno».

Quanto al coronavirus, i pazienti oncologici che sono in terapia in questo momento, corrono rischi più elevati di contagio?
«Sono più delicati e più suscettibili alle infezioni tutte, quindi anche al Covid-19 che è peraltro un nuovo agente patogeno, per il quale ancora non abbiamo gli anticorpi - chiarisce l'esperto -. I motivi sono molteplici. I trattamenti anticancro (chemioterapici e non solo) possono abbassare il valore dei globuli bianchi e quindi diminuire le naturali difese dell’organismo, che in chi sta combattendo il cancro sono già messe a dura prova da molteplici sforzi. Certo non tutte le terapie oncologiche hanno questo effetto e ogni singolo caso fa storia a sé, molto dipende anche dallo stato di “salute” della persona (cancro a parte). I pazienti guariti dal cancro, quelli con malattia cronica stabilizzata e quelli in buone condizioni in assenza di trattamento hanno lo stesso rischio della popolazione normale e devono adottare solo provvedimenti di tipo igienico».

Cosa è consigliabile fare concretamente?
«Se non si è ancora vaccinati contro l’influenza stagionale, oggi ha ancora senso farlo - risponde Cinieri -. Poi, se si hanno particolari esigenze o dubbi parlatene con il medico di famiglia e con l’oncologo medico di riferimento. Loro conoscono il singolo caso, i regolamenti che le autorità stanno via via adottando e sapranno dare la risposta più pertinente. Le norme di buona igiene personale, compreso il lavaggio frequente delle mani, valgono tutto l'anno e non solo in questo particolare periodo. E per sfuggire nei limiti del possibile al contagio o alle sue complicanze basta prestare un po’ di attenzione, specie per chi risiede nelle città al momento più interessate: coprire il naso e la bocca, soprattutto quando c’è tosse o si frequentano ambienti “affollati” (quali gli ospedali). Se non è indispensabile, meglio evitare luoghi al chiuso con tante persone e cercare di non avere contatti ravvicinati con chi ha sintomi da raffreddamento o simil influenzali, per esempio tosse e febbre».

Ci sono pazienti che hanno spostamenti o viaggi programmati a scopi medici (ad esempio visite, esami, controlli) anche verso le regioni del Nord. Altri con familiari che risiedono nelle regioni settentrionali che non sanno se sia giusto o pericoloso tornare a casa dove risiede un ammalato, che si fa?
«Non si può generalizzare, il consiglio è sempre lo stesso - dice l’esperto -: parlare con il medico di famiglia o con l’oncologo, che vanno informati soprattutto se si decide di recarsi nelle aree dell’Italia settentrionale. Quando si torna dal Nord non bisogna recarsi presso le oncologie di riferimento senza preavviso: il principio (che vale per i malati di cancro e per tutti i sani) è evitare di far diffondere il virus, soprattutto tra i più “deboli”. Studenti, medici, familiari di malati, persone comuni: tutti dobbiamo porci la questione se, con il nostro comportamento, potremmo contagiare chi è più fragile e rischia seriamente la vita se contrae l’infezione. Inoltre, nel caso in cui al paziente venisse richiesto un isolamento domiciliare, stare “confinati” può ostacolare il percorso di cura: per questo è importante il confronto con il proprio specialista. I pazienti delle zone con blocco (il lodigiano e una parte del veneto) vivono al momento le difficoltà maggiori, ma gli oncologi si stanno organizzando per gestire al meglio la situazione. Infine, i pazienti che vivono in regioni sottoposte ad osservazione per i focolai di coronavirus devono limitare al massimo i propri spostamenti».


Leggi articolo