Il cancro è meno avido di quanto si credesse. Le cellule tumorali condividono il pasto con i loro alleati

   www.healthdesk.it, 15/04/2021

Lo studio
Lo studio del metabolismo del cancro è un filone chiave della ricerca oncologica. Ma su Nature vengono messe in discussione le conoscenze acquisite finora. Non sono le cellule tumorali le principali consumatrici di glucosio, ma i macrofagi. Utile a sapersi per lo sviluppo di nuove terapie


Sembra un filone di ricerca promettente e per questo è uno dei più battuti dalla ricerca oncologica negli ultimi 20 anni. Perché scoprire come funziona il metabolismo del cancro significa comprendere come i tumori si alimentano, crescono e si mantengono in attività. Un nuovo studio pubblicato su Nature impone però un cambio di rotta: c’è un tassello sbagliato nel puzzle ricostruito finora.

I tumori consumano elevati livelli di glucosio, ma al contrario di quanto è stato teorizzato per tantissimo tempo, le principali responsabili di questo processo non sono le cellule tumorali.

Gli scienziati del Vanderbilt University Medical Center sono convinti che ad assorbire la maggior parte del glucosio siano piuttosto i macrofagi, un tipo di cellule immunitarie incaricate di inghiottire e distruggere gli agenti patogeni.

Quindi delle cellule non cancerose contribuirebbero alla crescita del tumore. È un radicale cambio di paradigma. «Il campo del metabolismo del cancro è davvero esploso negli ultimi 20 anni, ma si è basato su un’osservazione di Otto Warburg che risale al 1922, secondo la quale le cellule tumorali possono consumare glucosio a un ritmo molto elevato. Ora sappiamo che la massa tumorale include molti tipi di cellule, ed è sorprendente che le cellule non cancerose siano in realtà le principali consumatrici di glucosio nel tumore», ha dichiarato, ha Jeffrey Rathmell, direttore del Vanderbilt Center for Immunobiology e a capo dello studio.

I ricercatori hanno cominciato ad avere il sospetto dell’errore di valutazione sulle responsabilità del metabolismo del glucosio, notando delle anomalie nei risultati della PET (tomografia a emissione di positroni) su alcuni tumori. L’esame che avrebbe dovuto segnalare le cellule tumorali in base al metabolismo del glucosio non sempre dava il risultato atteso. In alcuni casi la PET non evidenziava le cellule cancerose che usavano il glucosio. Come mai?

Per rispondere alla domanda, i ricercatori hanno condotto un esperimento chiarificatore sui topi: hanno somministrato ai topi con tumori i traccianti usati nella PET per individuare dove avviene il maggior consumo di glucosio e hanno estratto dai tumori diversi tipi di cellule utilizzando sofisticate tecniche molecolari.

Il team di ricerca ha usato due tipi di traccianti, uno per monitorare il glucosio e l’altro la glutamina, su sei differenti tipi di tumori, tra cui quello colorettale, ai reni e al seno. In ogni caso hanno scoperto che i macrafogi erano le cellule con il maggior consumo di glucosio, seguite dai linfociti T e dalla cellule cancerose che invece si sono rivelate le maggiori consumatrici di glutamina, l’aminoacido che ha un importante ruolo metabolico e immunitario.

In questa nuova ricostruzione dei fatti sembra mancare del tutto la competizione metabolica nel microambiente tumorale in cui le cellule tumorali fanno di tutto per “strappare” i nutrienti alle cellule immunitarie con lo scopo di renderle incapaci di agire. Non c’è una guerra, ma una più tranquilla ripartizione delle risorse.

«Finora si pensava che le cellule tumorali divorassero tutto il glucosio e, di conseguenza, le cellule immunitarie non potessero ottenerne abbastanza per poter compiere al meglio il loro lavoro. I nostri dati suggeriscono che i nutrienti non vengono contesi. Invece, le cellule sono programmate per consumare determinati nutrienti, e avviene una suddivisione dei nutrienti tra le cellule: le cellule tumorali raccolgono glutammina e acidi grassi, le cellule immunitarie raccolgono glucosio», scrivono gli autori dello studio.

Riuscire a ricostruire chi mangia cosa, ossia scoprire come si nutrono le specifiche cellule del microambiente tumorale potrebbe aprire la strada a nuove terapie capaci di intervenire in maniera mirata sui processi metabolici del tumore.

Leggi articolo