Cancro. Il fondo farmaci innovativi non basta: sforato di quasi mezzo miliardo

   www.healthdesk.it, 18/05/2021

Politica farmaceutica
Nel 2020 Fondo per i farmaci oncologici innovativi è stato sforato di 464,2 milioni. Rispetto ai 500 milioni di euro preventivati, la spesa totale ha infatti raggiunto 964,2 milioni di euro.


Il dato, contenuto nel monitoraggio della spesa farmaceutica dell’Agenzia Italiana del Farmaco, è stato ribadito nel corso del webinar “I fondi per i farmaci innovativi: una best practice italiana che può essere migliorata” organizzato dal Centro Studi Americani.

Nel triennio 2017-2019 non si erano mai verificati sforamenti. Per la prima volta dalla sua istituzione nel 2017, quindi, il Fondo si è rivelato quindi incapiente, con conseguenze preoccupanti per i pazienti che rischiano di non poter più accedere in tempi brevi ai trattamenti anti-cancro innovativi.
Dall’altro lato, nel 2020 si è registrato un avanzo di 193 milioni di euro nel secondo Fondo, quello per i farmaci innovativi non oncologici, che ha una dotazione identica, pari a 500 milioni.

«Dalla pubblicazione GRHTA (Global & Regional Health Technology Assessment) sui Fondi dei farmaci innovativi sono emerse 4 raccomandazioni», ha spiegato Claudio Jommi, professor of Practice di SDA Bocconi School of Management e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Farmaci del Cergas. «In primis quella di mantenere i fondi perché sono un segnale chiaro da parte del sistema nei confronti di farmaci ad alto valore per il Servizio Sanitario Nazionale e rispondono a criteri oggettivi e trasparenti. Vi è poi la necessità di semplificare il funzionamento e di riprogrammare in modo più flessibile l’ammontare dei Fondi, rispetto anche all’entità attesa dell’innovazione. In terzo luogo, e a corollario dei primi due punti, va valutata l’estensione dell’innovatività a più di 3 anni, mantenendo la coerenza tra estensione e necessità di investire in nuovi ingressi di farmaci innovativi sulla base delle risorse disponibili. Infine, vanno prodotte ulteriori evidenze su due fronti: l’accesso a livello regionale e l’impatto sulla spesa sanitaria».

Più risorse
«La dotazione dei due Fondi, stabilita con la Legge di Bilancio 2017, deve tener conto dei progressi scientifici realizzati soprattutto in ambito oncologico negli ultimi anni con le conseguenti nuove possibilità terapeutiche per i nostri pazienti», ha aggiunto Carmine Pinto, presidente della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG). «Per questo va incrementato il tetto fissato a 500 milioni di euro del Fondo per i farmaci oncologici innovativi, che in questi anni ha risposto a due specifiche esigenze. Innanzitutto, consentire ai pazienti l’accesso alle nuove terapie, in particolare, nel periodo in cui è stato istituito, all’immunoterapia che si affacciava alla pratica clinica e che ha poi cambiato la storia di neoplasie in fase avanzata come il melanoma, il tumore del polmone e del rene, raddoppiando o triplicando la sopravvivenza. La dotazione del Fondo Sanitario Nazionale infatti in quegli anni non era in grado di coprire i costi di queste nuove terapie. In secondo luogo, grazie alla “fast track approval” garantita dal Fondo per i farmaci oncologici con riconoscimento dell’innovatività, veniva garantito ai pazienti l’immediato accesso a questi farmaci dopo l’approvazione a livello centrale da parte di AIFA».

Da questo punto di vista, il fondo ha raggiunto a pieno il suo scopo: i pazienti oncologici del nostro Paese, nel periodo 2016-2019, hanno avuto accesso a un numero maggiore di nuovi farmaci anticancro (33) rispetto alla media europea (24).

«Al momento della sua istituzione, nel 2017, il Fondo doveva rappresentare una misura emergenziale», continua Pinto. «Oggi serve una riprogrammazione di tutta la spesa farmaceutica. Va considerato non solo il costo del farmaco, ma va definito l’intero costo assistenziale per il Sistema Sanitario Nazionale della singola patologia neoplastica. In attesa di una riforma strutturale, va aumentato il tetto di 500 milioni di euro per i farmaci oncologici. Una volta assicurata la capienza del Fondo, la definizione di innovatività e quindi il criterio di permanenza di un farmaco nel Fondo vanno garantiti oltre gli attuali 36 mesi, fino a quando cioè quel singolo farmaco non viene sostituito nella pratica clinica da un altro nuovo farmaco innovativo, allineandone così la durata con gli outcome clinici”. Oggi invece, dopo tre anni, ne è prevista l’uscita perché decade in modo automatico il requisito dell’innovatività, che è temporaneo. Alla scadenza dei 36 mesi, il finanziamento di queste terapie ritorna a carico delle risorse ordinarie, che già vedono ripetuti scostamenti per la spesa farmaceutica per acquisti diretti da parte delle aziende sanitarie».

Una spesa sostenibile
«Oggi comprendiamo cosa significa non investire abbastanza in Sanità», ha affermato Alessandra Sartore, sottosegretaria all’Economia e alle Finanze. «Per quanto riguarda i Fondi per i farmaci innovativi non oncologici e innovativi oncologici, condivido la necessità di far qualcosa sulla flessibilità nella loro gestione e sull’estensione della durata dell’innovatività. Possiamo andare avanti su una nuova contabilizzazione delle terapie innovative. È fondamentale approfondire attraverso un dialogo aperto con il Parlamento per garantire l’accesso all’innovazione da parte di tutti i pazienti».

«Nel 2020, in Italia, sono stati stimati 377.000 nuovi casi di cancro e 3,6 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi», ha aggiunto Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi (FOCE). «Quando sono veramente efficaci e necessari, i nuovi farmaci non vanno visti come voce di spesa, ma rappresentano un investimento, perché consentono di migliorare la sopravvivenza contribuendo alla riduzione complessiva delle uscite per l’assistenza oncologica. L’Italia infatti è l’unico Paese europeo nel quale nel periodo 2008-2018, a fronte di un incremento del costo diretto legato ai farmaci anti cancro, la spesa complessiva per l’assistenza ai pazienti è diminuita. Il Fondo ha consentito di accedere in tempi rapidi a terapie davvero rivoluzionarie, che hanno favorito risparmi al sistema sanitario in altre voci. Ha quindi contribuito a garantire la sostenibilità. E non possiamo più tornare indietro. È quindi opportuno estendere il periodo di permanenza nel Fondo dei farmaci oncologici innovativi oltre i 36 mesi. Ma vanno risolti i tempi di latenza fra l’approvazione da parte dell’ente regolatorio europeo (EMA) e quella di AIFA. Serve circa un anno, decisamente troppo per terapie salvavita».

«Questo lungo processo, che va dall’approvazione europea alla reale disponibilità del farmaco per i pazienti del nostro Paese, può penalizzare fortemente i malati, specialmente nel caso di diagnosi a stadi avanzati della malattia», ha aggiunto Cognetti. «È fondamentale, quindi, garantirne una disponibilità tempestiva. Il Fondo ha consentito di eliminare la necessità di inserimento dei farmaci innovativi nei prontuari terapeutici regionali, inoltre talvolta vengono attivati programmi di uso compassionevole e vi sono norme che regolano il cosiddetto “early access”, cioè l’accesso e la prescrizione di terapie già approvate dall’ente regolatorio europeo, prima del rimborso a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In ogni caso, resta il problema dei tempi richiesti per l’approvazione di AIFA, che dovrebbe limitarsi alla verifica della compatibilità economica di una terapia, senza rivedere gli aspetti relativi all’efficacia clinica, già valutati da EMA. E vanno rivisti i criteri con cui AIFA definisce l’innovatività».

Appropriatezza necessaria
«Condivido l’opportunità di allargare il finanziamento dei fondi per i farmaci innovativi, visto che il sistema ha dimostrato di funzionare», ha dichiarato Antonio Misiani, membro Commissione Bilancio del Senato. «La strada maestra dovrebbe essere quella dell’unificazione ex-ante. Questo intervento potrebbe essere operato nella Legge di Bilancio 2022, ma ancora meglio nel DL Sostegni bis, che sarà all’esame della Commissione Bilancio della Camera. Una riflessione merita anche l’estensione della durata dell’innovatività oltre i 36 mesi, che è opportuna se non vi sono farmaci sostitutivi. Bene anche la valutazione dell’innovatività su criteri oggettivi».

«Le terapie avanzate hanno chiari elementi di investimento, ma rappresentano una sfida per i sistemi sanitari», ha sottolineato il presidente di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso. «Dando sempre una priorità all’innovazione in una visione olistica della patologia, è necessario capire i meccanismi amministrativi, finanziari e contabili, tali da evitare forme di razionamento o problemi di sostenibilità. Una possibile soluzione per far fronte ai costi delle terapie anticancro, senza ulteriori costi per il Servizio Sanitario Nazionale, è la creazione di un Fondo Unico, che risponde all’esigenza di evitare lo sforamento nel Fondo dei farmaci innovativi oncologici a fronte dell’avanzo in quello per i non oncologici determinato, in larga parte, dall’uscita delle terapie anti-epatite C. Tuttavia, è importante sottolineare che il contributo alla sostenibilità del sistema offerto dal Fondo non dovrà esimere i clinici dall’obbligo dell’appropriatezza e dall’impegno per migliorare l’adesione alle cure. Maggior aderenza significa minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie».

«Sul tema dei fondi per i farmaci innovativi la risposta delle Istituzioni è unanime: sono stati uno strumento efficace e meritano un potenziamento», ha concluso Beatrice Lorenzin, responsabile del Bridge Health&Science del Centro Studi Americani e coordinatrice dell’evento. «La priorità è continuare a garantire l’accesso all’innovazione ai pazienti e ai clinici. I fondi per i farmaci innovativi sono nati da un’intuizione che ha consentito l’accesso a un notevole numero di molecole innovative e che ha fatto sì che l’Italia si ponesse al passo con l’innovazione rispetto agli altri Paesi consentendo di recuperare quanto era stato perso in passato. Sono state diverse le suggestioni sollevate e ritengo che la via dell’unificazione dei fondi o una maggiore disponibilità siano quelle che possano trovare seguito anche in ambito parlamentare».


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