Un’opzione per i tumori al seno più difficili

   www.healthdesk.it, 04/06/2021

Recidive

Diffusi e difficili da trattare. I tumori al seno correlati a mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 rappresentano circa il 5-10 per cento del totale. Si tratta in genere di tumori che si presentano in genere in forma aggressiva e che, anche se trattati con le migliori opzioni terapeutiche oggi disponibili (chirurgia, chemio, radioterapia), presentano un elevato rischi di andare incontro a recidiva. Anche nelle donne che hanno ricevuto una diagnosi di cancro quando la malattia era agli stadi iniziali.

Tuttavia, secondo uno studio appena presentato al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology, l’aggiunta di un ulteriore farmaco (olaparib) al trattamento convenzionale consente di ridurre questo rischio.

Olaparib appartiene a una nuova categoria di farmaci antitumorali chiamati inibitore della PARP (poli polimerasi). Questi farmaci bloccano l’azione dell’enzima PARP, che contribuisce a riparare i danni al DNA durante la divisione cellulare. Le cellule tumorali con mutazioni come BRCA1 e BRCA2 si avvalgono maggiormente di PARP per riparare il proprio DNA e continuare la divisione. Pertanto, quando il PARP è bloccato, il DNA danneggiato delle cellule tumorali non può essere riparato e le cellule tumorali muoiono. In Europa è già approvato per il trattamento del tumore dell’ovaio e dei tumori del seno, della prostata e del pancreas con specifiche caratteristiche.

Lo studio appena presentato all’ASCO, denominato OlympiA, ha verificato l’efficacia dell’aggiunta del farmaco al trattamento standard in donne con tumore del seno in fase iniziale con BRCA1 o BRCA2 e negativo per il recettore del fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2 negativo).

Dopo due anni e mezzo di osservazione, le pazienti che avevano ricevuto un anno di trattamento con olaparib presentavano un rischio ridotto sia di recidive, sia di diffusione di nuove metastasi. Nel dettaglio, non presentava recidive l’85,9 per cento delle pazienti che aveva ottenuto il trattamento sperimentale contro il 77,1 di chi aveva ricevuto solo il trattenute standard; mentre non presentava nuove metastasi l’87,5 per cento delle donne trattate con olaparib contro l’80,4 per cento di quelle che aveva ottenuto il placebo. Mentre il tempo di studio non è stato sufficiente per quantificare in maniera affidabile gli effetti sulla sopravvivenza.

«I risultati dello studio OlympiA, il primo a riportare gli effetti di un inibitore di PARP come “terapia adiuvante” sugli endpoint di sopravvivenza, suggeriscono una possibile aggiunta allo standard di cura per i pazienti con carcinoma mammario precoce associato alla mutazione BRCA1/2 germinale che hanno livelli del rischio di recidiva che richiede chemioterapia neoadiuvante o adiuvante»,, ha affermato il primo firmatario dello studio Andrew Tutt, capo della divisione di ricerca sul cancro al seno e direttore del Breast Cancer Now Toby Robins Research Centre a Londra.

«In presenza di una mutazione BRCA, il tumore della mammella tende a manifestarsi in una popolazione più giovane rispetto all'età media di diagnosi», spiega Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Senologia dell'Istituto tumori Pascale di Napoli e principal investigator dello studio OlympiA per l’Italia. «Nonostante i progressi della ricerca, il rischio di recidiva, anche in un setting precoce, è molto alto e sono necessari nuovi approcci terapeutici mirati che possano aiutare a tenere a bada la malattia. Sulla base dei primi risultati dello studio OLYMPIA presentati al Congresso ASCO, olaparib ha il potenziale per essere usato in aggiunta a tutti i trattamenti standard iniziali del cancro al seno procurando un addizionale e duraturo beneficio clinico».

«I risultati dello studio OlympiA rappresentano un potenziale passo avanti per le pazienti con cancro alla mammella precoce e ad alto rischio», aggiunge

Laura Cortesi, responsabile della Struttura di Genetica Oncologica presso il Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e membro del gruppo di lavoro per la stesura delle raccomandazioni per l’implementazione del test BRCA nelle pazienti con carcinoma mammario. «Questi nuovi dati supportano l'importanza del test alla diagnosi per le mutazioni BRCA1/2. I test per le mutazioni BRCA, oltre alla determinazione dello stato del recettore ormonale e dell'espressione della proteina HER2, consentono una migliore presa in carico della paziente e forniscono al contempo un’informazione utile per i suoi familiari».

I risultati dello studio Olympia sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.


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