Metastatico o avanzato, con il cancro al seno oggi si può convivere per oltre 5 anni (non era mai successo prima)

   www.corriere.it, salute/sportello_cancro, 21/09/2021, Vera Martinella

I dati di un nuovo studio indicano che in metà delle donne in postmenopausa con tumore HR positivo o HER2 negativo è stato raggiunto l'obiettivo di cronicizzare la malattia

E' una delle notizie di maggior rilievo emerse al convegno annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) in corso in questi giorni: grazie all'aggiunta di un nuovo farmaco, la metà delle pazienti con tumore al seno metastatico o avanzato vive più di 5 anni. Si tratta della più lunga sopravvivenza finora raggiunta nel carcinoma della mammella in questo stadio e ciò ci consente di parlare di vera e propria cronicizzazione della malattia. Lo dimostrano i risultati dell’analisi finale di sopravvivenza globale dello studio di fase tre MONALEESA-2 che ha seguito le partecipanti per molti anni, il periodo d'osservazione più lungo in questo ambito.

Raggiunto l’obiettivo di cronicizzare la malattia

La sperimentazione di fase tre ha valutato il nuovo medicinale ribociclib in combinazione con letrozolo rispetto al solo letrozolo nelle donne in postmenopausa con tumore della mammella avanzato o metastatico positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-) senza in prima linea (ovvero quelle che si utilizzano in prima battuta nel momento in cui si sviluppano metastasi). Con l'aggiunta di ribociclib la sopravvivenza globale mediana è stata di 63,9 mesi (ovvero oltre 5 anni) con un beneficio di sopravvivenza globale statisticamente significativo di 12 mesi rispetto al trattamento con solo letrozolo.«I dati del MONALEESA-2 presentati ad Esmo 2021 riguardano la popolazione con carcinoma mammario più frequente nella pratica clinica quotidiana – spiega Saverio Cinieri, Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale Perrino di Brindisi e presidente eletto dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica -. Le donne in post menopausa rappresentano infatti circa il 70% di quelle con tumore al seno endocrino-sensibile e la metà di queste corrisponde al profilo delle pazienti incluse nello studio. Questi importanti dati di sopravvivenza globale sono incoraggianti e ci consentono di affermare che è stato raggiunto l’obiettivo di cronicizzare la malattia avanzata. Questo significa che se non possiamo eliminare definitivamente il tumore, possiamo però controllarlo sempre meglio, consentendo alla persona di vivere una vita sostanzialmente normale con pochi effetti collaterali».

Un risultato stabile, definitivo: cala del 24% il rischio di morte
Una donna su otto in Italia si ammalerà di cancro al seno nel corso della vita. Con 55mila nuovi casi diagnosticati nel 2020 e 37mila italiane che convivono con una neoplasia metastatica questo tumore è il più diffuso non solo fra le femmine, ma nell’intera popolazione. E nonostante i molti progressi fatti (fortunatamente l’87% delle pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi) resta la prima causa di morte per cancro fra le italiane. «Il tumore della mammella metastatico è una malattia molto spesso inguaribile, ma oggi sempre più cronicizzabile - chiarisce Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare all’Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli -. Questo vuol dire che è possibile, utilizzando in maniera sapiente e nella giusta sequenza le terapie disponibili, ottenere il controllo della malattia e farla regredire, consentendo pertanto alle pazienti di convivere con il tumore anche per anni. È in quest'ottica che attendevamo con ansia gli esiti del trial MONALEESA-2 che sono molti solidi e confermano l’efficacia della terapia a bersaglio molecolare con ribociclib. -. C'erano già due studi con ribociclib condotti su popolazioni diverse: il MONALEESA-7 e 3. Il "pezzo" mancante era proprio il 2, che è maturo, con un follow up mediano di circa 80 mesi: questo significa che metà delle pazienti è stata seguita per almeno 7 anni. Siamo di fronte a una sperimentazione il cui risultato è stabile, definitivo - continua De Laurentiis -. Ribociclib ha mostrato una riduzione del 24% del rischio di morte, coerente con quanto già visto negli altri due studi. La sopravvivenza globale mediana, pari a 63,9 mesi, è la più lunga mai registrata in tutti i tipi di tumore della mammella. I dati delle tre sperimentazioni su ribocliclib si rafforzano a vicenda e lo pongono come l’unico inibitore CDK4/6 ad aver dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in tutte le popolazioni studiate, quindi in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali».

Le donne vivono più a lungo e bene
Ribociclib, per la terapia di queste pazienti, ha già ottenuto il rimborso dall’Agenzia Italiana del Farmaco ed è ben tollerato dalle pazienti, come confermano i dati di quest trial nel quale non sono stati osservati nuovi eventi avversi «Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale – sottolinea Pierfranco Conte, direttore dell'Oncologia Medica 2 all'Istituto Oncologico Veneto di Padova -. Ribociclib è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati, indipendentemente dalla condizione menopausale e dalla linea di terapia. Un altro "numero" che misura la portata dello studio MONALEESA-2 è che, a 6 anni di follow up, quasi la metà delle donne, il 44%, è ancora vivo. Sono dati mai visti con nessun trattamento in questa popolazione di pazienti. L’Italia ha contribuito in maniera importante a tutto il programma degli studi MONALEESA. Gli inibitori di CDK4/6, inoltre, permettono di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità - conclude Conte -. Grazie a questa terapia riusciamo a offrire alle pazienti non solo una sopravvivenza a lungo termine, ma anche a migliorare la loro qualità di vita, con un ottimo controllo della malattia. La maggioranza delle donne infatti può continuare a condurre una vita normale».

Leggi articolo