Un’armatura zuccherina protegge i tumori dalle Car-T. Rimuoverla rende le cellule vulnerabili

   www.healthdesk.it, 20/01/2022

Lo studio
Un trucco ben ingegnato impedisce alle cellule tumorali di creare lo scudo di zuccheri usato per nascondersi al sistema immunitario. I test sugli animali con tumori solidi hanno dimostrato che senza lo scudo i tumori vengono riconosciuti e attaccati dalle Car-T. Lo studio del San Raffaele



Rimuovere lo strato di zuccheri che avvolge le cellule tumorali potrebbe aumentare l’efficacia delle Car-T nei tumori solidi. Ad aver individuato una possibile strategia per far funzionare queste terapie cellulari, tanto efficaci in alcuni tipi di tumori del sangue, anche nei tumori solidi sono stati i ricercatori del San Raffaele che hanno pubblicato su Science Translational Medicine i risultati del loro studio.

Lo scudo zuccherino sembra infatti in grado di nascondere i tumori al sistema immunitario.

Le cellule tumorali sono spesso caratterizzate da un’attivazione anomala e disfunzionale degli stessi meccanismi che si possono trovare, opportunamente regolati, anche nelle cellule sane. Tra questi c’è la cosiddetta glicosilazione, che consiste nell’aggiunta di catene di zuccheri alla struttura delle proteine. Queste catene influenzano la funzione delle proteine e la loro capacità di interazione con altre molecole.

La maggior parte dei tumori altera la regolazione del processo di glicosilazione a proprio vantaggio, modificando così la composizione dello strato zuccherino che ricopre le cellule cancerose. Gli scienziati del San Raffaele hanno scoperto che gli zuccheri esposti sulle superficie delle cellule tumorali creano una barriera che potrebbe spiegare almeno in parte la ridotta efficacia nei tumori solidi delle terapie Car-T. Potrebbe essere questa la ragione per cui le cellule immunitarie potenziate faticano a riconoscere le cellule malate e ad attivare una risposta efficace.

«L’aspetto più rilevante della scoperta è che la glicosilazione delle cellule tumorali ostacola l’azione dei linfociti Car-T attraverso diversi meccanismi attivi contemporaneamente. Questa è anche un’ottima notizia: significa che ridurre la formazione di questa barriera, bloccando il processo di glicosilazione, può indebolire il tumore su più livelli», ha spiegato Beatrice Greco, prima autrice dell’articolo.

In particolare, lo scudo agisce in due modi: da un lato impedisce ai linfociti T di riconoscere correttamente il tumore perché “nasconde” i recettori in base ai quali il tumore viene identificato come una minaccia, dall’altro promuove l’azione dei check-point immunitari, proteine di superficie del tumore stesso che frenano l’azione dei linfociti (gli stessi su cui agiscono le immunoterapie farmacologiche più diffuse, i cosiddetti inibitori dei check-point immunitari).

Come si può impedire la formazione di questo scudo che protegge le cellule tumorali? Gli scienziati hanno pensato di ingannare il tumore nutrendolo con uno zucchero modificato chiamato 2DG. Si tratta di un derivato sintetico del glucosio che viene assorbito dalle cellule cancerose in quantità molto maggiori rispetto alle cellule sane, per via del loro metabolismo accelerato. Una volta accumulato nel tumore, il 2DG viene usato nei processi di glicosilazione ottenendo però un risultato diverso: le catene di zuccheri così prodotte sono molto più corte e lo scudo zuccherino ne risulta indebolito. Il trucco è stato messo alla prova in test su animali con tumori solidi, tra cui carcinomi di pancreas, vescica e ovaio. I ricercatori hanno somministrato 2DG in aggiunta a una terapia Car-T osservando un netto potenziamento dell'attività antitumorale delle Car-T, che riescono meglio a controllare la malattia nel breve e lungo termine.

«Gli esperimenti condotti fin qui in laboratorio ci dicono che combinare lo zucchero sintetico 2DG alla somministrazione di Car-T migliora l'efficacia antitumorale indipendentemente dalla specificità dei Car-T e dal tipo di tumore. Ciò dimostra l'importanza della glicosilazione per le cellule tumorali e suggerisce le potenzialità terapeutiche di interferire con questo processo. Il fatto che 2DG sia già stato testato negli esseri umani mostrando un buon profilo di sicurezza promette di accelerare l'avvio delle prime sperimentazioni cliniche in abbinamento alle terapie Car-T. Questo approccio potrebbe fare la differenza soprattutto nei tumori solidi, in cui i risultati di efficacia delle Car-T sono stati finora insoddisfacenti», conclude Monica Casucci che ha coordinato la ricerca.

La ricerca è stata possibile grazie a fondi ottenuti dal ministero della Salute e coordinati da Alleanza Contro il Cancro, da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e dal progetto europeo Horizon2020 EURE-CART.

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