Tumore della mammella, per molte donne è ancora difficile accedere ai test genetici gratuiti

   www.healthdesk.it, 11/03/2022

L’indagine

Accedere gratuitamente ai test genomici è ancora un miraggio per molte pazienti con tumore della mammella. Risale a luglio 2021 la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo ministeriale che ha sbloccato i 20 milioni di euro del Fondo dedicato all’applicazione gratuita e uniforme sul territorio di queste analisi molecolari che potrebbero evitare chemioterapie inappropriate. Eppure negli ultimi tre mesi del 2021, quasi il 40 per cento (39%) dei Centri di Senologia in Italia, non aveva disposizione il test e ha quindi indirizzato la paziente alla chemioterapia adiuvante (cioè dopo la chirurgia), con il rischio di somministrare una terapia inutile. Oggi il 25 per cento dei Centri di Senologia non ha ancora la possibilità di prescrivere gratuitamente questi esami. E solo il 48 per cento degli ospedali in cui si trova un Centro di Senologia ha organizzato un iter di rimborso dei test genomici con regole precise. Una situazione a macchia di leopardo che può essere definitivamente sbloccata con l’inserimento di queste analisi molecolari nei Livelli Essenziali di Assistenza, ritenuto una priorità assoluta dall’88 per cento dei Centri di Senologia. Sono questi i principali risultati del sondaggio realizzato da Senonetwork, a cui hanno risposto 102 centri e presentato recentemente al webinar “Test genomici in Italia a che punto siamo?”.

«L’obiettivo dell’indagine era scattare una fotografia sulla disponibilità dei test genomici nei Centri di Senologia, sul loro effettivo utilizzo e sulle modalità di rimborso. Nel 73 per cento dei Centri di Senologia è stato implementato in qualche modo l’utilizzo dei test genomici dopo il Decreto attuativo ministeriale. Resta però ancora un quarto delle strutture fuori da questo processo. Inoltre vi è una eccessiva eterogeneità dei test, riconducibile ai diversi bandi di gara nelle varie Regioni», ha dichiarato Lucio Fortunato, membro del consiglio direttivo di Senonetwork e direttore della Breast Unit dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma.

In base ai risultati del sondaggio, soltanto il 30 per cento dei Centri di Senologia ha a disposizione i test genomici da più di un anno, il 65 per cento da meno di 6 mesi. «Nonostante il ritardo accumulato, anche in Italia si sta sviluppando fra i clinici la consapevolezza dell’importanza di queste analisi. Dall’indagine emerge infatti che nell’89 per cento dei Centri si è consolidata la mentalità di utilizzare i test genomici nella programmazione terapeutica post-chirurgica, cioè nella pratica clinica quotidiana. La maggioranza dei casi di tumore della mammella è di tipo luminale, cioè esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2. Dopo la chirurgia, il trattamento sistemico prevede l’utilizzo della terapia ormonale nei casi considerati a basso rischio oppure l’aggiunta della chemioterapia adiuvante alla terapia ormonale, in presenza di un rischio elevato. Nella malattia luminale a rischio ‘intermedio’, sussiste però una significativa incertezza terapeutica, da qui l’importanza dei test di profilazione genomica, che permettono di identificare con maggiore precisione le pazienti che possono beneficiare della chemioterapia dopo l’intervento», afferma Rossana Berardi, membro del direttivo nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Politecnica delle Marche e direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona.

«La riduzione del ricorso alla chemioterapia comporta significativi risparmi economici, oltre che una buona qualità della vita. La persistente situazione di disparità nell’accesso ai test non è accettabile. Chiediamo che la Commissione LEA assuma una decisione quanto prima, in favore delle migliaia di donne che potrebbero evitare questo trattamento così invasivo», conclude Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia.

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