Tumore al seno: una nuova strategia per evitare la chemio

   www.healthdesk.it, 20/04/2022

Lo studio
Due indicatori combinati possono suggerire la terapia più efficace nei casi di tumore al seno allo stadio iniziale con pochi linfonodi coinvolti. Il risultato del test a 21 geni abbinato alla risposta alla terapia endocrina pre-operatoria può indicare se fare o non fare la chemioterapia


Capire come si comporterà un tumore allo stadio iniziale, se diventerà aggressivo, se si diffonderà o resterà confinato lì dove è comparso e se, una volta eliminato, c’è la possibilità che torni. Riuscirci con una previsione affidabile è l’obiettivo della medicina personalizzata, quella che spera di dare il trattamento giusto al paziente giusto, evitando terapie inutili senza rinunciare a quelle necessarie.

Nel caso del tumore al seno le scelte terapeutiche potrebbero essere decise combinando due parametri: i risultati di un test prognostico e la risposta a una terapia preoperatoria. Così facendo si può individuare il trattamento più indicato per le pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale con coinvolgimento linfonodale limitato. Un gruppo di ricercatori tedeschi ha infatti scoperto che il punteggio di recidiva a 21 geni (l’esame che analizza l’attività di 21 geni del tumore per valutarne il rischio di recidiva e l’opportunità o meno della chemioterapia) associato alla risposta alla terapia endocrina preoperatoria a tre settimane riesce a fornire indicazioni affidabili sulla terapia potenzialmente più efficace per le pazienti evitando così il ricorso a trattamenti inutili come la chemioterapia.

L’ipotesi di combinare i due indicatori per offrire alle donne la migliore opzione terapeutica possibile è stata proposta sul Journal of Clinical Oncology.

Questo approccio combinato può aiutare a evitare la chemioterapia in più della metà delle pazienti che altrimenti sarebbero candidate al trattamento secondo criteri clinicopatologici convenzionali.

Lo studio ha coinvolto 2.290 pazienti dall’età media di 57 anni, di cui 1.422 nel braccio sperimentale e 868 in quello di controllo.

Le pazienti avevano ricevuto una terapia endocrina pre-operatoria per tre settimane, solitamente tamoxifene nelle pazienti in premenopausa e inibitori dell'aromatasi nelle pazienti in postmenopausa. Durante questa terapia, le pazienti sono state divise in tre gruppi in base al punteggio di recidiva: rischio di recidiva, basso, intermedio e alto.

In un gruppo di 694 pazienti con rischio di recidiva intermedio, ma che non hanno risposto alla terapia endocrina e hanno continuato a ricevere chemioterapia a dose elevata, i tassi a 5 anni erano del 90,3 per cento per la sopravvivenza libera da malattia invasiva (invasive disease free survival IDFS), e del 96,7 per cento per la sopravvivenza globale (Disease-free survival (DFS).

La risposta alla terapia endocrina era più probabile con gli inibitori dell'aromatasi che con il tamoxifene: 78,1 per cento contro 41,1 per cento.

«Lo studio dimostra che valutare il trattamento sistemico mediante il punteggio di recidiva combinato alla risposta alla terapia endocrina è fattibile nella routine clinica e risparmia la chemioterapia nelle pazienti in pre- e postmenopausa con un numero di linfonodi coinvolti inferiore o uguale tre», scrivono i ricercatori nelle conclusioni.

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