Tumori: ancora troppa disinformazione intorno alla radioterapia

   www.healthdesk.it, 05/07/2022

Il corso
Si stima che la guarigione dei tumori, sia solidi sia ematologici, sia dovuta nel 46,5% dei casi alla chirurgia, nel 42% alla radioterapia e nell’11,5% alla chemioterapia.


Sono percentuali citate da Cinzia Iotti, presidente dell'Associazione italiana di radioterapia e oncologia clinica (Airo), in occasione del corso corso di formazione “Parole e fatti della radioterapia oncologica” promosso il 5 luglio a Milano dal Master SGP della Sapienza Università di Roma, con l’obiettivo di fornire ai professionisti dell’informazione gli elementi di base per conoscere questa disciplina medica e comunicarla con chiarezza e rigore. L'incontro è stato coordinato da Daniela Minerva, componente del Consiglio didattico del Master.

«Nel complesso – osserva ancora Iotti - almeno il 60% dei pazienti con diagnosi di tumore è sottoposto nella sua vita a un corso di terapia radiante. Ogni anno, si aggiunge al numero dei nuovi pazienti un’ulteriore quota di pazienti, pari al 10%-15%, che ritornano per uno o più corsi di terapia a causa della progressione di malattia o per comparsa di un secondo tumore. È stato stimato che, per molteplici motivi, nei prossimi cinque anni il numero di pazienti che avranno bisogno di un trattamento radiante si accrescerà del 15% circa».

La radioterapia oncologica è impiegata nella cura dei tumori a scopo curativo, cioè con l'obiettivo di guarire il paziente, oppure a scopo palliativo per ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita.

«La radioterapia curativa rappresenta il 70-80% dei trattamenti» precisa Marco Krengli, presidente eletto Airo, e in quest'ambito «si distinguono casi trattati con radioterapia combinata con la chirurgia e casi trattati con radioterapia radicale; questi ultimi possono comprendere la sola radioterapia oppure, spesso, la combinazione di radioterapia con farmaci, principalmente a scopo radiosensibilizzante».

Strumenti principali della radioterapia oncologica sono i macchinari attraverso i quali viene erogata la terapia radiante. È, proprio come la terapia farmacologica, che viene prescritta e gestita dall’oncologo medico, la radioterapia deve essere “dosata” e gestita, ritagliandola sulle necessità del paziente, dal radioterapista oncologo.

«Il prodotto finale dell’efficacia, che deriva dalla medicina basata su dati scientificamente accertati e ripetibili – spiega Stefano Pergolizzi, direttore della Radioterapia oncologica del Gaetano Martino di Messina – si misura in termini di miglioramenti sostanziali che fanno sì che una determinata terapia sia preferibile rispetto a un'altra. Il “minor tempo terapeutico” non è solo una mera diminuzione del “tempo di cura”, ma deve offrire risultati migliori o identici rispetto ai tempi classici».

L’approccio al paziente oncologico è oggi «estremamente complesso – sottolinea Renzo Mazzarotto, direttore della Radioterapia, dell'Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona – tanto che nessun singolo specialista può definire e offrire, da solo, al paziente tutte le opzioni utili per una gestione ottimale della sua specifica situazione clinica. Le decisioni sul percorso diagnostico-terapeutico si sono dimostrate migliori se assunte dopo discussione fra i vari specialisti che potrebbero intervenire nel percorso di cura». E anche le comunicazioni al paziente di una diagnosi e di un iter diagnostico-terapeutico talvolta lungo e complesso «vengono meglio accettate – aggiunge - se effettuate da un gruppo di specialisti che, concordemente, ritiene che quello sia il percorso migliore per la sua situazione clinica».

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