Tumore al seno ER-positivo: individuato meccanismo che innesca la resistenza ai famaci

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Lo studio
Tumore al seno ER-positivo: individuato meccanismo che innesca la resistenza ai famaci


Una specifica alterazione dei meccanismi di riparazione del Dna è una delle principali cause della farmacoresistenza nel cancro del seno ER -Positivo (con ricettori che rispondono agli estrogeni), la forma che interessa circa l’80 per cento delle donne che ricevono una nuova diagnosi di malattia.

A individuarla è uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia che ha aperto la strada a possibili rimedi per bloccare il processo che compromette la riuscita della terapia.

«La terapia endocrina, basata cioè sull’assunzione di una specifica categoria di ormoni rappresenta il più efficace e diffuso approccio terapeutico nel trattamento dei tumori del seno (ER)-positivo: migliora il controllo sulla progressione di malattia e, in alcuni casi in fase iniziale, riduce anche il rischio di recidiva, aumentando sensibilmente la sopravvivenza», spiega Antonio Marra, un giovane oncologo medico, specializzato in IEO presso la Divisione Sviluppo Nuovi farmaci e Terapie Innovative (diretta da Giuseppe Curigliano) e oggi in forza al Memorial Sloan Kettering di New York (US), autore della ricerca.

Esiste tuttavia una criticità: la possibilità che un’alta percentuale di pazienti, pari all’incirca al 40 per cento, possa sviluppare nel tempo una resistenza alla terapia endocrina riducendone l’efficacia e dando il via alla diffusione metastatica della malattia.

«Abbiamo capito che l’instabilità genetica e l’alterazione dei meccanismi di riparazione del DNA giocano un ruolo importante nello sviluppo della farmacoresistenza e dunque nella progressione di malattia. Abbiamo scoperto che queste caratteristiche si ritrovano in misura maggiore in tumori ER-positivi sottoposti a terapia endocrina, in particolare se trattati con alcune classi di farmaci (regolatori selettivi per gli estrogeni (SERDs), inibitori dell’aromatasi e/o inibitori di CDK 4/6), rispetto a quelli non ancora trattati. Inoltre, abbiamo osservato che l’instabilità genetica può riguardare anche alcuni tumori con mutazione BRCA2, che possono anch’essi risultare resistenti alla terapia endocrina con inibitori CDK 4/6 Partendo da queste evidenze, stiamo approfondendo quanto predisposizione genetica e microambiente tumorale giochino un ruolo nel creare questa vulnerabilità cellulare e nel frattempo miriamo a identificare nuovi trattamenti farmacologici che sfruttino queste vulnerabilità come target terapeutici. I risultati di questo studio ci forniranno le basi per implementare nuovi trattamenti per pazienti con tumore mammario resistente alla terapia endocrina, un gruppo fino a ieri orfano di terapie innovative», conclude Marra.


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