Tumore del seno: solo il 5% delle under 40 diventa madre dopo la malattia

   https://www.healthdesk.it/cronache/tumore-seno-solo-5-under-40-diventa-madre-dopo-malattia?utm_source=newsletter&%3Butm_medium=daily&%3Butm_campaign=notizie, 16.01.2023

Back From San Antonio
Oggi, in Italia, solo il 5% delle pazienti under 40 colpite da tumore del seno riesce a diventare madre dopo la malattia.

Grazie alla ricerca, però, questa percentuale può aumentare. Le giovani donne colpite da carcinoma mammario in stadio iniziale infatti possono interrompere per due anni la terapia ormonale adiuvante (cioè successiva all’intervento chirurgico) per cercare una gravidanza. Lo dimostra lo studio POSITIVE presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium, il più importante convegno internazionale su questa neoplasia che si è svolto lo scorso dicembre a San Antonio, negli Stati Uniti. La ricerca ha coinvolto 518 donne di età pari o inferiore a 42 anni con carcinoma mammario in stadio iniziale positivo per i recettori ormonali. In questi casi, la terapia endocrina viene somministrata per ridurre il rischio che la malattia si ripresenti. Lo studio ha dimostrato che il tasso di recidiva a tre anni è stato dell’8,9%, simile a quello dello studio SOFT/TEXT (9,2%) che aveva incluso donne in premenopausa sottoposte alla stessa terapia e utilizzato come confronto. Il 74% delle donne ha avuto almeno una gravidanza, che è terminata con successo nel 64% dei casi. Purtroppo, in Italia, il desiderio di diventare madri dopo la malattia continua a essere sottovalutato. È necessario implementare i percorsi dedicati alla prevenzione dell’infertilità nelle pazienti oncologiche in tutte le Regioni, attraverso strutture multidisciplinari, che diano vita a una Rete di centri di Oncofertilità.

L’appello viene dal congresso Back From San Antonio, che si è svolto a Genova nei giorni scorsi e dedicato alle principali novità dal San Antonio Breast Cancer Symposium.

Le sperimentazioni condotte fino a oggi «avevano dimostrato la sicurezza della gravidanza al termine delle cure anticancro» spiega Lucia Del Mastro, direttrice della Clinica di Oncologia medica del Policlinico San Martino di Genova. «Per la prima volta – aggiunge - lo studio POSITIVE evidenzia che, dopo almeno un anno e mezzo, è possibile sospendere la terapia endocrina per due anni con l’obiettivo di avere un figlio, per poi riprendere il trattamento». Lo studio dimostra che «la sospensione della terapia ormonale è una procedura sicura – prosegue Del Mastro - e può incrementare la percentuale di giovani donne che riescono ad avere un figlio prima di terminare le cure. Non solo. Nel nostro Paese vanno create collaborazioni strutturate fra le oncologie e i centri di procreazione medicalmente assistita, per rispondere tempestivamente alle richieste delle pazienti. L’aspetto fondamentale delle tecniche di preservazione della fertilità è il tempismo: ad esempio la crioconservazione degli ovociti deve avvenire prima dell’inizio della chemioterapia».

Dal Congresso di San Antonio importanti novità anche sul fronte dei trattamenti. Per esempio, sono stati presentati i dati aggiornati dello studio monarchE su abemaciclib in adiuvante, in combinazione con la terapia endocrina standard per il trattamento del carcinoma mammario in fase precoce ad alto rischio, positivo al recettore ormonale, negativo per la proteina HER2 e con linfonodi positivi. Dopo un periodo di osservazione mediano di 3,5 anni dalla fine del trattamento, il rischio di sviluppare una recidiva invasiva di malattia si è ridotto del 33,6%. L’aggiunta di abemaciclib in adiuvante ha anche ridotto del 34,1% il rischio di sviluppare una malattia metastatica. «Sono risultati molto importanti-– commenta Saverio Cinieri, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) - perché riguardano pazienti con tumore a più alto rischio di ricaduta dopo l’intervento». Sono «significativi» anche i progressi nel trattamento della malattia metastatica, continua Cinieri: a San Antonio, sono stati presentati i risultati aggiornati dello studio DESTINY-Breast03, che hanno dimostrato che trastuzumab deruxtecan, anticorpo monoclonale farmaco-coniugato, porta a un miglioramento significativo della sopravvivenza globale rispetto a T-DM1, un altro anticorpo coniugato anti HER2 e precedente standard di cura, in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo metastatico, precedentemente trattate.


Leggi articolo