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Tumore al seno ereditario? Ecco quanto e come incide il rischio familiare

Solo una parte dei tumori al seno è legata a fattori ereditari o familiari. In questo approfondimento spieghiamo la differenza tra familiarità ed ereditarietà, quando è indicato eseguire un test genetico e quali strategie di prevenzione e cura sono disponibili per le donne con mutazioni BRCA1 e BRCA2. Dalla sorveglianza personalizzata agli interventi di profilassi, fino alle terapie mirate: tutto quello che c’è da sapere per affrontare il rischio con consapevolezza.

I tumori della mammella sono malattie causate dalla combinazione ed interazione di diverse e numerose variabili, chiamati fattori di rischio. Innanzi tutto, è necessario chiarire alcuni concetti base e distinguere:     

  1. Carcinoma mammario sporadico: è la forma più comune (70–75% dei casi), si sviluppa in modo casuale per modifica delle cellule della ghiandola mammaria comparsa durante la vita, in assenza di casi rilevanti in famiglia e senza mutazioni genetiche predisponenti note (mutazione somatica). Non comporta un rischio superiore rispetto alla popolazione generale per i familiari ed è correlato con fattori di rischio noti come: età, ormoni, stili di vita, ambiente.
  2. Carcinoma mammario ereditario: dovuto a una mutazione genetica presente fin dalla nascita nel DNA di tutte le cellule del corpo, perché è presente già nelle cellule uovo o spermatozoo da cui siamo stati generati, trasmessa da uno dei due genitori (mutazione germinale). Rappresenta circa il 10-13% di tutti i carcinomi mammari. È più frequente nelle donne giovani e nei tumori della mammella maschile. Nei portatori aumenta sensibilmente il rischio di sviluppare un carcinoma mammario rispetto alla popolazione normale (fino al 70–80%), non significa essere già malati ma solo essere predisposti. Può essere trasmesso ai figli con una probabilità del 50% di ereditare la mutazione.
  3. Carcinoma mammario familiare: presenza all’interno della stessa famiglia (materna e/o paterna) di più casi di tumore della mammella diagnosticati in parenti stretti di primo o secondo grado (madre, padre, sorella, figlia, zii) senza che venga identificata una mutazione germinale nota. Costituisce circa il 15–20% dei carcinomi mammari. Il rischio per i familiari è più alto rispetto alla popolazione generale soprattutto in caso di diagnosi nei familiari prima dei 50 anni, ma comunque inferiore rispetto ai tumori ereditari.

Quando in famiglia ci sono più casi di tumore al seno, oppure se ci sono stati tumori bilaterali della mammella, tumori mammari maschili o tumori ovarici Fine modulo è     è consigliato rivolgersi a un centro specializzato in genetica oncologica per valutare l’opportunità di approfondimenti diagnostici. Chi ha una familiarità importante, anche  in assenza di una mutazione accertata, dovrebbe essere seguito con particolare attenzione, attraverso un programma di sorveglianza personalizzato che includa controlli più precoci e regolari.

In Italia, le persone che hanno un tumore e presentano i criteri di possibile rischio ereditario hanno accesso gratuito ai test genetici di valutazione. Anche i familiari di portatori di mutazione genetica accertata hanno accesso gratuito ai test genetici. In caso di positività del test i “portatori sani” di rischio ereditario per tumore della mammella  possono beneficiare dell’esenzione dal ticket D99 per le prestazioni diagnostiche correlate alla diagnosi precoce del tumore della mammella/ovaio, mentre chi presenta tumore della mammella e mutazione genetica accertata beneficia dell’esenzione 048 per i percorsi specifici di controllo.

Tuttavia, per quanto inserita nei LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza) dal 2017* l’esenzione D99 non è egualmente concessa su tutto il territorio nazionale ed è attiva con difformità applicative in Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Campania, Sicilia, Puglia, Veneto e Provincia autonoma di Trento. Si consiglia di rivolgersi alle Breast Unit di riferimento territoriale per maggiori dettagli sui percorsi locali.

*Livelli Essenziali di Assistenza Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 art.53 – Allegato 8 (malattie croniche e invalidanti) – fase transitoria: Allegato 8-bis pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, Supplemento ordinario n. 15  recita:  Codice d’Esenzione D99 – “Prestazioni di sorveglianza per soggetti portatori di mutazioni genetiche correlate a rischio elevato di neoplasie”.

Tumore mammario ereditario e mutazioni genetiche

L’ereditarietà è la  predisposizione genetica documentata con test specifici di  aumentato rischio  di tumore.

I due geni principalmente coinvolti nella predisposizione ereditaria del tumore al seno sono: il gene BRCA1 ed il gene BRCA2, che aumentano il rischio di contrarre tumore al seno rispetto alla popolazione generale rispettivamente di circa 4,5–6 volte il BRA1 e circa 4–5,5 volte il BRCA 2 pari a un rischio di avere un tumore al seno nell’arco della vita di circa 60–72% per i portatori sani di BRCA1 e di circa il 55–69% per BRCA2 (vs circa il 12–13% della popolazione generale).

Altri geni responsabili di un aumento 1.5-7.5 volte rispetto alla popolazione generale delle probabilità di sviluppare il tumore al seno sono MSH6, BARD1, ATM, CHEK2, ATM, TP53, RAD51C, RAD51D, e PALB2.

Vi sono poi altre mutazioni genetiche piuttosto rare che correlano con un significativo aumento del rischio di sviluppare un carcinoma mammario.

  • Sindrome carcinoma gastrico diffuso familiare. Le donne con mutazioni in CDH1 hanno un rischio del 60% di sviluppare un carcinoma lobulare della mammella entro gli 80 anni.
  • Sindrome di Cowden (PTEN Hamartoma Tumor Syndromes). Colpisce 1 persona ogni 200.000, e comporta, tra le altre cose, elevato rischio (85%) di sviluppare tumori della mammella in età giovanile (30-40 anni). Il follow-up per pazienti con mutazioni PTEN prevede ecografia della tiroide anche dall’età di 18 anni, colonscopia ed ecografia renale biennale fra 35-40 anni, screening mammografico ed ecografie transvaginali annuali dall’età di 30 anni.
  • Sindrome di Peutz-Jeghers (JPS). Molto rara (meno di un caso ogni 25.000-300.000 persone), comporta una mutazione del gene. Si associa ad aumento del rischio per carcinoma dell’ovaio, del testicolo, del pancreas e della mammella.
  • Sindrome di Li-Fraumeni (LFS). Il rischio di sviluppare un tumore è del 15% a 15 anni, dell’80% nelle donne a 50 anni e del 40% negli uomini della stessa età. Predispone a sarcomi dei tessuti molli e osso e a carcinoma mammario giovanile.

Test genetici per la predisposizione al tumore al seno

Il test genetico per individuare se vi sia predisposizione ereditaria al tumore al seno può essere eseguito in chi ha già sviluppato la malattia (cosiddetto caso indice) secondo specifici criteri di appropriatezza o in persone sane con una probabilità di mutazione superiore al 10%, secondo criteri clinico-anamnestici stabiliti.

La valutazione viene fatta dal genetista.

Il percorso di counseling genetico ha un ruolo centrale: deve garantire che la persona possa compiere una scelta libera, consapevole e informata, sia riguardo all’esecuzione del test, sia rispetto alle eventuali decisioni di sorveglianza o prevenzione. A completare questo percorso, è spesso prevista una consulenza psicologica, utile in tutte le fasi per supportare emotivamente il processo decisionale.

È importante sapere che il test genetico non fornisce sempre risposte definitive. I possibili esiti  sono:

  • Risultato informativo: viene identificata una mutazione predisponente nota.
  • Risultato non informativo:
    – la mutazione predisponente non viene identificata, ma non se ne può escludere la presenza;
    – viene rilevata una variante di significato incerto (VUS), a cui non è possibile attribuire un preciso valore di rischio.

Solo in caso di risultato informativo (mutazione identificata), il test può essere esteso agli altri familiari che lo desiderano, a partire dai 18 anni. Nei soggetti minorenni, il test non è indicato, poiché il rischio correlato alla mutazione si manifesta generalmente nell’età adulta.

Un risultato positivo in una persona sana non implica la certezza di sviluppare un tumore, ma consente di attivare strategie mirate di sorveglianza e prevenzione per ridurre il rischio o posticipare l’eventuale insorgenza della malattia.

Allo stesso modo, un risultato negativo o incerto non azzera il rischio di sviluppare un tumore.

Ereditarietà del carcinoma mammario e prevenzione: chirurgia profilattica e strategia di sorveglianza

L’unico trattamento che ha dimostrato di ridurre in modo significativo (fino al 90-100%) il rischio di sviluppare un tumore al seno è la mastectomia bilaterale profilattica, ovvero l’asportazione preventiva di entrambe le ghiandole mammarie in assenza di malattia. Nelle donne con tumore unilaterale e mutazione documentata BRCA1 o BRCA2, la mastectomia profilattica controlaterale ha dimostrato di ridurre la mortalità legata al carcinoma mammario

 Le donne portatrici di mutazione BRCA hanno anche un aumentato rischio di avere un carcinoma ovarico.

La salpingo-ovariectomia bilaterale profilattica, cioè la rimozione delle ovaie e delle tube di Falloppio, soddisfatto il desiderio di maternità e comunque preferibilmente non oltre i 40 – 45 anni, comporta una riduzione totale del rischio di carcinoma ovarico e di circa il  50% del carcinoma mammario.

Per quanto riguarda invece la chemioprevenzione, ovvero l’impiego di farmaci in grado di prevenire l’insorgenza dei tumori, i dati disponibili nelle donne BRCA mutate sono ancora limitati e riguardano principalmente l’uso del Tamoxifene e dell’Anastrozolo nei tumori con recettori ormonali, dove hanno dimostrato di ridurre il rischio di circa il 50%.

Nelle donne con mutazione BRCA che scelgono di non sottoporsi alla chirurgia profilattica, le strategie di sorveglianza si basano principalmente sull’impiego della risonanza magnetica mammaria annuale a partire dai 25 anni, associata alla mammografia dai 35 anni e l’ecografia mammaria, alternata a distanza di sei mesi dagli altri esami.

Le terapie per il tumore al seno da mutazione genetica

Oggi sono disponibili farmaci specifici per le donne con tumore al seno BRCA-mutato e HER2-negativo. Si tratta dei cosiddetti PARP inibitori, farmaci che agiscono impedendo alle cellule tumorali di ripararsi, rendendole quindi più vulnerabili. Questi farmaci si sono dimostrati efficaci non solo nel controllo della malattia metastatica ma anche nel ridurre il rischio di recidiva in fase precoce in pazienti ad alto rischio,  se somministrati sia in fase adiuvante (dopo l’intervento chirurgico) sia neoadiuvante (prima dell’intervento).

In particolare, il farmaco Olaparib è rimborsato dal SSN per le pazienti con tumore triplo negativo BRCA-mutato che abbiano già ricevuto una chemioterapia a base di antracicline, taxani e derivati del platino; mentre il Talazoparib può essere utilizzato anche nei tumori sensibili agli ormoni (ormonoresponsivi).

Grazie a queste nuove possibilità terapeutiche, si sta diffondendo un nuovo approccio diagnostico chiamato Mainstreaming Cancer Genetics (MCG): una modalità semplificata e più rapida di valutazione del test genetico, richiesto nelle donne con diagnosi di carcinoma mammario direttamente dagli  oncologi e dagli altri specialisti del percorso di cura senza ricorrere a un preventivo counseling genetico. Questo vale sia per pazienti in fase precoce, da sottoporre a intervento chirurgico, sia per pazienti con tumore metastatico, che potrebbero beneficiare di terapie mirate con i PARP inibitori. Questo minicounselling genetico consente  scelte terapeutiche più tempestive ed efficaci.


 

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